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Il candidato che incarna l’ex regime o quello che ha i colori degli islamisti? Alla vigilia del secondo turno delle presidenziali in Egitto la tensione è alle stelle, soprattutto dopo che la Corte costituzionale ha sciolto il Parlamento, dove i Fratelli musulmani detenevano la gran maggioranza dei seggi.

“Dobbiamo trovare il modo di convivere prima che la situazione esploda – ha dichiarato l’ex direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, l’egiziano Mohamed Al-Baradei.
Assai popolare tra i giovani, Al-Baradei si era ritirato dalla corsa presidenziale a dicembre, spiegando che non voleva cauzionare un’elezione organizzata dai militari, che accusa di portare avanti il regime dell’ex presidente Hosni Moubarak.
Il suo consiglio per salvare la rivoluzione di Piazza Tahrir è il seguente : Il presidente eletto domenica resterà in carica solo un anno, spalleggiato da un governo tecnico, il tempo di elaborare la nuova Costituzione. Poi verranno organizzate nuove elezioni presidenziali e legislative.
Al-Baradei ritiene che se vincerà il candidato dei Fratelli musulmani, Mohamed Morsi la popolazione manifesterà il suo dissenso in maniera più contenuta che non nel caso della vittoria di Ahmed Chafik, ex primo ministro di Moubarak.

Rinnegando entrambi i candidati, molti rivoluzionari chiamano a boicottare il secondo turno delle presidenziali, sperando che il tasso di partecipazione sia inferiore al 46% del primo turno e che il presidente eletto abbia la minor legittimità possibile.
Tuttavia, anche i rivoluzionari sperano che vinca Morsi l’islamista e affermano che nel caso di una vittoria di Chafik loro torneranno in Piazza Tahrir e la rivoluzione ricomincerà da capo.
I sostenitori di Chafik assicurano che l’ex ministro di Moubarak ha a cuore le sorti del paese e delle minoranze e agitano lo spauracchio di uno scenario tunisino, con i Fratelli musulmani installati al potere, con il pericolo di una guerra civile e di massacri in tutto l’Egitto.