Gli italiani che portano fondi in conti offshore svizzeri per mettere al riparo la propria fortuna sono avvisati: la Svizzera sta perdendo lo status di cassaforte garante del segreto bancario.
Così inizia, sul portale di economia WallStreet Italia.com, un articolo su “l’atollo fiscale svizzero”.
Qui di seguito alcuni passaggi dell’interessante scritto, firmato da Daniele Chicca e titolato “Svizzera: la fine dei conti offshore così come li conosciamo.”
“Berna è stata per tanto tempo una sorta di atollo fiscale nel cuore d’Europa, da dove gestiva i conti offshore di migliaia di ricchi clienti anonimi. Ma con l’implementazione dei programmi di condono fiscale firmati con Usa, Germania, Regno Unito, Austria e con l’autodenuncia da parte della clientela che vuole ripulirsi, le banche dovranno abituarsi a una nuova difficile realtà.
[..] UBS e Credit Suisse formano, insieme a Goldman Sachs, il trio di testa tra le banche che gestiscono il maggior numero di asset offshore, che a fine 2010 era pari – nel suo complesso – da 21 fino a 32 mila miliardi di dollari.
[…] Va detto che in Svizzera c’è anche chi si ribella alle cifre ‘semplificative’ dei conti offshore e alle accuse senza ragionamento alcuno, sostenendo che prima di tutto il paese attira imprenditori e non solo grandi fortune.
[…] I manager dei fondi svizzeri non sono sottoposti alle norme di supervisione imposte dalla Finma, l’autorità di controllo dei mercati finanziari. Tale anomalia è però destinata a scomparire. I gestori di Zurigo e Ginevra sono rimasti scioccati dalla svolta, come riferito a Wall Street Italia da fonti interne a Ubs e Deutsche Bank.
Se la legge dovesse uccidere gli investimenti offshore, i manager sono convinti che l’industria finanziaria ne uscirà indebolita, ma non battuta. Anche perchè i gestori si sono preparati per tempo – ben prima dell’iniziativa della Finma – alla morte del modello offshore.
Una cosa sono le banche, un’altra cosa è la piazza finanziaria elvetica. Quest’ultima ne uscirà molto più compromessa dei singoli istituti….
“Assisteremo a una discesa agli inferi – avverte la giornalista Myret Zaki – perchè questa piazza finanziaria beneficiava della stabilità giuridica svizzera e sopratutto del segreto bancario che ormai dal 2009 non protegge più l’evasione fiscale”.
[…] Cedendo alle pressioni internazionali, Berna ha perso buona parte della sua competività e subirà una riduzione importante dei posti di lavoro nell’industria finanziaria, con le stime non ufficiali che parlano di 20’000 tagli al personale.
“Assistiamo in tutte le banche – dice Zaki – a un graduale smantellamento della gestione delle ricchezze offshore europee”, patrimoni non dichiarati al fisco depositati da clienti stranieri venuti dall’Europa.
Gli accordi “Rubik” firmati con Germania, Regno Unito e Austria concedono agli evasori la possibilità di uscirne ‘puliti’, legalizzando i conti nascosti nelle casseforti svizzere, spostandoli direttamente nel Tesoro tedesco e britannico (e austriaco, ndr).
Secondo le stime di Herbert Hensle di Cap Gemini SA, la somma che gli europei potrebbero prelevare dai conti svizzeri toccherà i 135 miliardi di franchi, equivalenti al 15% degli asset complessivi in loro possesso.
La nuova strategia finanziaria, che prevede di accettare solo asset tassati, spingerà clienti americani e europei a lasciare gradualmente la piazza finanziaria svizzera e alcuni gestori si ritroveranno letteralmente senza più portafoglio. Non avranno più una clientela, dunque non avranno più lavoro da offrire.
I paesi europei hanno motivazioni forti e ragioni comprensibili, avendo molti soldi da recuperare potenzialmente in Svizzera. Ci sono circa 1000 miliardi di euro di denaro non dichiarato che proviene soltanto da Germania, Francia, Italia e Spagna.
L’ormai ex paradiso fiscale è destinato a uscirne impoverito: il settore bancario contava fino a ieri il 12% del Pil svizzero. La metà di questa cifra proviene dalla gestione dei patrimoni offshore.
Come ha avvisato il fondatore della banca privata omonima Ivan Pictet, l’apporto degli istituti di credito scenderà dal 12% al 6%. In tre anni ha perso il 3% e nei prossimi anni sarà ancora più’ imponente.”
Warning: Attempt to read property "post_excerpt" on null in /home/clients/d43697fba9b448981cd8cd1cb3390402/web/content/themes/newsup/inc/ansar/hooks/hook-index-main.php on line 116