Riprendiamo pari pari dalla pagina Facebook di Boris Bignasca il racconto che egli stesso fa dell’aggressione subita a Locarno. Lasciamo a lui la parola, senza modificare neppure una virgola, nella consapevolezza che ci potrebbero essere altre versioni dei fatti (di cui al momento non abbiamo traccia).

Sono stato aggredito. In un esercizio pubblico a Locarno. Stavo tranquillamente parlando con due amiche. Si presenta un ragazzotto che comincia ad insultarmi. Stronzo. Merda. Non reagisco. Dopo un po’ se ne va. Ne arrivano altri due ancora più minacciosi. Si siedono al tavolo per attacar briga. Decido di andarmene. Mi seguono. Iniziano a buttarmi birra addosso. Una, due, tre… Un odore nauseante.

L’odore delle vittime, che per qualche strana ragione sono anche colpevoli. L’odore della vergogna. Un odore che resta addosso e che nulla può lavare. Provo ad allontanarmi. M’inseguono. In due mi accerchiano. Cominciano a tirare calci. A strapparmi la maglietta. La gente attorno guarda. Inebetita. Non fa nulla. Non interviene. Non chiama la sicurezza. Nulla. Come stessero asdistendo ad un film. Rientro nel locale. Ho la freddezza di chiedere al barista di chiamare i “securini”. Intanto “loro”: il branco Continuano ad aspettarmi fuori. La mia colpa? Essere della LEGA. Giusto quindi sputarmi addosso, insultarmi e picchiarmi. È la mia parola contro la loro: i securini non possono far nulla. Sto dentro al locale. Aspetto che se ne vada il “branco”. Ma é un trucco. Appena riesco. Tornano di corsa. Mi aggrediscono. E mi gridano: “scappa”. Chi scappa può essere inseguito e rende tutto più divertente. Mi allontano, senza correre. Ho paura. Ogni persona, ogni auto, ogni movimento mi fa paura. Una sensazione indescrivibile. Una sofferenza umana, che va oltre le (eventuali) ferite. Una “sicurezza” che nessuno mi potrà ridare. Forse paragonabile (fatte le dovute proporzioni) ai sentimenti delle donne vittime di stupro. Ho paura. Il branco ha vinto. Una denuncia non servirebbe a nulla. Aumenterebbero solo le loro ritorsioni.

L’assassinio di Damiano non ha insegnato nulla. Ancora a Locarno. Non ci andrò più. Continuerò a guardarmi mille volte le spalle. Chissà per quanto tempo ancora. Ho paura. Non vado a casa. Vado dalla mamma. Mi apre in piena notte, non le ho detto nulla: si sarebbe spaventata. Se le madri di questi ragazzi sapessero cosa combinano i loro figli…