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Martedì 6 novembre il governo israeliano ha annunciato la costruzione di 1213 nuovi alloggi di coloni a Gerusalemme Est, nella parte dei territori che spetterebbero al futuro Stato palestinese.

Quando a fine ottobre il premier israeliano Benyamin Netanyahou aveva annunciato la costruzione di circa 1500 alloggi in Cisgiordania e a Gerusalemme Est – di fatto nuove colonie ebraiche non autorizzate – l’annuncio non aveva suscitato reazioni di protesta (come era stato il caso in precedenza) da parte dell’amministrazione statunitense, immersa sino al collo nelle elezioni presidenziali.
Ora che è stato rieletto, ci si chiede se Barack Obama eserciterà pressione su Israele per obbligare il governo Netanyahou a maggior rispetto dei diritti dei palestinesi.

“L’annuncio della creazione di nuovi alloggi per i coloni a Gerusalemme Est ci motiva a proseguire i passi presso le Nazioni Unite alfine di ottenere lo statuto di Stato non membro – ha dichiarato Nabil Abou Roudeina, portavoce di Mahmoud Abbas, presidente dell’Autorità palestinese.
Sempre martedì, Netanyahou aveva riunito lo staff della sicurezza per valutare una serie di sanzioni in risposta all’iniziativa palestinese.
Al contempo il ministro israeliano degli Affari esteri, Avigdor Liebermann, ha iniziato a mobilitare gli ambasciatori israeliani in Europa, incitandoli a togliere legittimità alla procedura di Mahmoud Abbas alle Nazioni Unite.
Gli israeliani prendono coraggio in questa direzione soprattutto perché hanno ottenuto il sostegno di paesi quali la Gran Bretagna, la Germania, l’Italia e la Francia, che di fatto fanno scudo alle “pretese” palestinesi.
In sostanza, per il governo di Tel Aviv il riconoscimento di uno Stato palestinese può risultare solamente dalla conclusione di negoziati diretti israelo-palestinesi.
L’ex primo ministro israeliano Ehoud Olmert e l’ex presidente del partito Kadima, Tzipi LIvni, hanno accusato Netanyahou di silurare ancora una volta le possibilità di rilanciare il processo di pace.