Pubblico con piacere questo notevole e impegnativo articolo prodotto da due giovani economisti neolaureati, uno dei quali (Luca Stinca) è stato non molti anni or sono mio apprezzato allievo. [fdm]


Alessandro Felisi, nato il 27/08/1989, Lugano, laurea nel settembre 2012 in economia e gestione aziendale alla Cattolica di Milano con specializzazione in mercati finanziari.
Ha effettuato diversi stage aziendali nel settore bancario svizzero e internazionale.

Luca Stinca, nato il 20/03/1989, Lugano, laurea nel novembre 2012 alla Cattolica di Milano in economia delle imprese e mercati con specializzazione in finanza e mercati globali. Ha effettuato diversi stage aziendali nel settore bancario svizzero e nel settore delle energie rinnovabili. Frequenta attualmente il master in finance all’USI.


La crisi finanziaria crea gravi problemi anche agli Stati europei, mettendo a rischio l’intera Unione. Gli sforzi di politica monetaria della BCE sono allora sufficienti?

La crisi dei mutui sub-prime scoppiata nel 2008 è considerata la peggiore dopo quella del 1929. Oltre alle ingenti perdite in conto capitale sui mercati finanziari, la recente crisi globale ha una successiva ripercussione: l’aumento vertiginoso del debito sovrano nelle economie avanzate. Le spese a sostegno della riduzione del PIL e quelle sostenute nei confronti del sistema bancario crescono considerevolmente, portando il rapporto Debito/PIL non il linea con i requisiti di adesione all’Unione Economica e Monetaria europea (al di sotto del 60%, Trattato di Amsterdam, 1997). La Grecia registra addirittura un livello del rapporto del 160%.

L’azione della BCE
La Banca Centrale Europea, incaricata dell’attuazione della politica monetaria per i paesi dell’Unione europea, interviene fin da subito con operazioni mirate, cercando di limitare i danni causati dalle crisi che colpiscono l’Europa.
Il mandato della BCE rimane quello di perseguire la stabilità dei prezzi, mantenendo un’inflazione nel medio periodo minore ma prossima al 2%.
La Banca Centrale Europea possiede un’ampia gamma di strumenti di politica monetaria utilizzabili, a patto di non influenzare negativamente la stessa stabilità dei prezzi.

Il primo problema che la BCE tenta di risolvere è quello della carenza di liquidità sistematica nel settore bancario. In seguito l’attenzione si sposta verso un razionamento coordinato del credito (avversione nel concedere prestiti al settore privato).
Parallelamente la crisi si focalizza all’interno dell’euro zona rendendo precarie le aspettative sulla solvibilità del debito dei paesi membri.

Per contrastare questi problemi la BCE interviene a più riprese tempestivamente come evidenziato dalla figura sottostante.


Denaro a buon mercato, sempre di più
Con l’annuncio di inizio ottobre 2008, la BCE riduce gradualmente il livello del tasso di rifinanziamento principale, portandolo dal 4.25% allo 0.75% ad inizio luglio 2012 (1).
Il tasso sui depositi presso la Banca Centrale e il tasso di rifinanziamento marginale si riducono anch’essi (sistema corridoio). La BCE comprime anche l’ampiezza del corridoio per stabilizzare i tassi d’interesse sul mercato interbancario.

Questo comporta un vantaggio crescente per le banche, permettendo un indebitamento a tassi sempre minori. L’abbassamento dei tassi è un’operazione di politica monetaria espansiva poiché permette all’economia di crescere ad un costo del denaro inferiore, influenzando di riflesso il livello dell’attività economica. Analogamente, diminuendo il tasso sui depositi presso la BCE, si crea un incentivo sempre maggiore ad allocare le riserve bancarie “altrove”, stimolando così le attività di credito.

Questa operazione tuttavia perde valore o addirittura viene annullata quando le banche, agevolate da un costo di indebitamento più basso, non inoltrano la liquidità a disposizione al settore privato a causa dell’avversione al rischio da parte degli stessi istituti di credito.

Gli spread vanno alle stelle
I problemi di finanza pubblica di alcuni Stati membri provocarono sfiducia nel mercato obbligazionario dei titoli di stato e gli Spread (in riferimento ai Bund decennali tedeschi) si ampliano.
La BCE interviene ancora annunciando, il 10 maggio 2010, il Programma di acquisto di titoli pubblici da parte dell’Eurosistema (BCE più banche centrali nazionali), il cosiddetto SMP (Securities Markets Programme) (2).
Quest’operazione dovrebbe permettere agli Stati di affrontare le riforme fiscali e di spesa pubblica adeguate.
La BCE infatti assicura rendimenti più bassi sui titoli e di conseguenza permette nuove aste di debito pubblico a tassi inferiori.

Nonostante l’impegno della BCE certi governi non reagiscono tempestivamente (tra cui il Governo Berlusconi) e l’azione della banca centrale diviene così inefficacie.

Tra le operazioni di mercato aperto, la Banca Centrale può intervenire mediante un’operazione ordinaria chiamata LTRO (Long-Term Rifinancing Operation) (3), utilizzata per fornire liquidità al sistema bancario per un periodo più ampio (3 mesi) al tasso medio delle operazioni di rifinanziamento principale.

Con l’intento di contrastare la crisi di liquidità ed il credit crunch in atto, Il 20 dicembre 2011 la BCE annuncia un LTRO della durata di 3 anni per un ammontare di 489,191 miliardi di euro ad un tasso dell’ 1% annuo. All’asta partecipano 523 banche europee. Come garanzia sul prestito (collaterale) la BCE riceve titoli di stato europei, anche privi di valore come quelli greci.

Questo LTRO super prolungato riscontra notevole successo, 325 miliardi di euro indirizzati a banche spagnole, greche e irlandesi. Inoltre le banche spagnole e italiane, su sollecitazione dei propri governi, aumentano rispettivamente del 13 e del 29% le loro partecipazioni in titoli sovrani.

Il 28 febbraio 2012, viene annunciato dalla BCE un secondo LTRO agevolato la cui asta vede partecipare 800 banche, richiedenti 529,53 miliardi di euro.
Gli obiettivi sono i precedenti rafforzati da un’accresciuta attenzione all’acquisto di parte del debito sovrano europeo che in quei mesi, soprattutto nell’Europa periferica, registra tassi troppo elevati.
Una notevole porzione di questi prestiti viene però utilizzata dalle banche per riacquistare le proprie obbligazioni e ristrutturare il proprio capitale in vista dell’applicazione dei più severi requisiti dell’European Banking Authority.

Queste operazioni sono state efficaci nel fornire liquidità al settore bancario europeo colmando l’accresciuta domanda di riserve. D’altra parte sono state totalmente inefficaci nel risolvere l’avversione alla concessione del credito. Un’importante componente dell’obiettivo iniziale viene quindi disatteso.

Acquisti di bond senza limiti a difesa dell’Euro
(4) Durante l’intero periodo di osservazione, il mercato obbligazionario dei titoli di stato continua a peggiorare e gli spread registrano nuovi record.
Il 6 Settembre 2012 la BCE annuncia il nuovo piano sui titoli di Stato: acquisti di bond senza limiti a difesa dell’Euro.
Questa nuova misura adottata dalla BCE consiste in operazioni monetarie dirette (Outright Monetary Transaction, OMT) sul mercato secondario con l’obiettivo di battere la speculazione sul mercato dei titoli degli Stati membri.
L’aiuto da parte della BCE è però questa volta condizionato all’introduzione di riforme strutturali da parte dei Governi. Contestualmente viene cancellato il precedente SMP.
Solo con le parole del presidente Mario Draghi (“Faremo tutto quello che sarà necessario per salvaguardare l’Euro e, credetemi, sarà abbastanza”) gli spread prendono a scendere.

Le operazioni di acquisto di titoli pubblici vengono “sterilizzate” totalmente, in modo da non alimentare l’inflazione. Viene inoltre sospesa l’applicazione di una soglia minima di rating per i titoli depositati a titolo di garanzia e accettati altri strumenti di debito negoziabili in valuta diversa dall’Euro (USD, GBP, JPY).

I rischi permangono gravi
Nonostante gli interventi effettuati dalla BCE, la situazione economica e finanziaria complessiva dell’Eurozona rimane colma di rischi per la stabilità di lungo periodo. Nella fase finale del 2012, nonostante gli sforzi compiuti dalla Banca Centrale Europea, la situazione nell’area della moneta comune rimane preoccupante.
L’operato della Banca Centrale ha avuto successo nel risolvere il problema della carenza di liquidità nel settore bancario e nell’attenuare le pressioni sul mercato dei titoli di Stato, ma è stata inefficiente nel dirimere il credit crunch.

La BCE possiede però, diversamente alla BOE e alla FED, importanti limiti di azione quantitativa: può prestare solo alle banche chiedendo garanzie adeguate, non può finanziare direttamente il debito pubblico degli Stati membri (acquisto titoli sul mercato primario) e deve sottostare ai suoi obiettivi finali.

Il rapporto Deficit/PIL rimane ancora molto elevato e senza crescita economica (PIL) le misure di austerità non sono sufficienti a riportare i valori in una soglia accettabile.
La BCE, con le sue operazioni, ha aumentato l’offerta di fondi, rendendoli disponibili alle banche a condizioni e tassi sempre minori.

I governi europei stanno cercando con affanno di ridurre il deficit con misure più o meno drastiche di austerità (diminuendo la spesa pubblica e aumentando la pressione fiscale) ritardando lo stimolo nella domanda aggregata.
La BCE, con la politica monetaria espansiva sinora attuata, può agire solo sulla dimensione volta a stimolare la domanda di fondi da parte di privati, ossia dell’economia reale ma non ha spazio di manovra alcuno sull’utilizzo di detti mezzi messi a disposizione delle banche.

La crisi che perdura dal 2008 ha prodotto l’effetto di inasprire le procedure di disamina per la concessione del credito ad aziende e privati, ha eroso le riserve delle aziende ed il loro grado di solvibilità, ha ridotto di conseguenza la loro attendibilità e di riflesso innalzato il loro profilo di rischio.
E pertanto incrementato a dismisura il costo del denaro, nelle rare occasioni in cui questo viene ancora concesso.
Questo generale atteggiamento delle parti in causa provoca una sfiducia nell’imprenditoria che riduce inevitabilmente la richiesta di fondi e capitali di prestito contribuendo quindi ad alimentare lo sfasamento che esiste tra la necessità di correggere e ridurre la spesa dei governi e l’impellenza di far ripartire i consumi e quindi la crescita.
Il meccanismo iniezione di fondi alle banche nazionali e di trasmissione di liquidità all’economia reale è quindi in stallo.

L’austerità, la crescita… e il cane che si morde la coda
Ma allora, tutti i piani di austerità che, con grado variabile di intensità, sono stati varati dai vari governi, quale efficacia stanno producendo?
Considerato che, come si sta osservando da più parti in Europa, la riduzione dei Deficit nazionali continua ad evidenziare un sempre più ampio disallineamento rispetto all’urgenza di crescita del PIL, siamo certi che questi governi stiano realmente agendo sulla leva adeguata del rapporto Deficit/PIL o sono semplicemente ostaggio dell’economia dominante spostando semplicemente il problema (di fondo) nel tempo?

Visto l’ormai esiguo margine di manovra in dotazione alla BCE, essa in risposta al problema della scarsa attitudine al prestito da parte delle banche nazionali, potrebbe abbassare ulteriormente il livello dei tassi di interesse portando il tasso sui depositi presso la BCE ad un livello negativo.
Questo corrisponderebbe ad un costo sostenuto dalle banche che depositano i fondi presso la BCE. Una nuova LTRO funzionerebbe, a condizione che le risorse ricevute vengano allocate poi all’economia reale perché, come visto sopra, l’attuale generalizzata austerità non consente la vera ripresa della domanda di fondi da parte dell’economia reale.

Questo significherebbe però un aumento della spesa pubblica e riduzione della pressione fiscale… il paradosso del cane che si morde la coda!

Quali spazi di manovra hanno allora i governi per rilanciare la domanda aggregata?
Affaire à suivre…

Luca Stinca e Alessandro Felisi