Kim Jong-un gioca con il fuoco. Ignorando gli avvertimenti della comunità internazionale il leader nord coreano prosegue la prova di forza nei confronti di Washington e Seul.

Pyongyang ha annunciato martedì il rilancio della centrale atomica di Yongbyon, nel pieno disprezzo delle risoluzioni delle Nazioni Unite, con l’obiettivo di rinforzare il suo arsenale nucleare.
Il regime ha promesso il ripristino al più presto di un reattore capace di produrre plutonio per la produzione di armi atomiche. Una nuova sfida agli Stati Uniti, in quanto il sito di Yongbyon era stato chiuso dopo un accordo firmato tra Corea del Nord e Washington nel 2007.

Dopo aver minacciato di colpire le basi americane nel Pacifico e decretato lo “stato di guerra” nei confronti della Corea del Sud, settimana scorsa, questa notizia si iscrive nella propaganda verbale di Kim Jong-un a seguito del terzo test nucleare del 12 febbraio.
Secondo gli analisti è una retorica belligerante che sa molto di bluff, in quanto i missili nord coreani non sono in grado di colpire le basi di Guam e di Hawai e ancor meno il territorio continentale statunitense.

La presidente della Corea del Sud, Park Geun-hye, ha comunque promesso una “risposta violenta senza alcuna considerazione politica” qualora la Corea del Nord tentasse una provocazione armata. Lungo la zona coreana smilitarizzata e nel Mar Giallo le forze americane e sud coreane sono in allerta, in piena manovra militare congiunta “Foal Eagle”.
Per ogni eventualità, la US Navy ha posizionato al largo delle coste un destroyer armato di batterie anti missili, mentre la US Air Force ha dispiegato le armi nei cieli della penisola, fra cui caccia F22 Raptor venuti dal Giappone e l’imponente bombardiere B2.
Una dimostrazione di forza senza precedenti che punta a dissuadere il regime nord coreano e a rassicurare la Corea del Sud, mentre gli analisti temono che Pyongyang – il cui esercito conta 1.2 milioni di soldati super addestrati e pronti al sacrificio – replichi in maniera altrettanto decisa, facendo piombare la penisola coreana in una situazione incontrollabile.

Al momento all’orizzonte non si prospetta alcuna uscita da questa crisi e gli esperti non sanno prevedere i prossimi movimenti di Kim Jong-un. Apparentemente il giovane leader cammina sulle tracce di suo padre, scatena un braccio di ferro con gli americani nella speranza di intimorirli e ottenere concessioni politiche ed economiche, come Kim Jong-il aveva fatto nel 2007 di fronte al presidente George Bush, dopo il primo test atomico.
La sfida che Kim Jong-un lancia agli Stati Uniti deve – nella sua ottica – permettergli di coalizzare attorno a sè le truppe armate e i suoi 23 milioni di connazionali, giocando la carta della patria assediata e minacciata. A detta degli analisti non può più fare marcia indietro, deve agire di forza, altrimenti perderà la faccia.

(Fonte : Le Figaro.fr)