Scopriamola e raccontiamola con precisione
L’autorità è senza colpa?
Il “buonismo” forse giova, ma non certo alle vittime
Caro Francesco,
come promesso continuo il commento all’articolo sulla “Weltwoche” di Alex Baur a proposito del brutale assassinio, il 13 maggio, di una 19enne da parte di un delinquente sessuale recidivo. Vediamo per prima cosa come si è arrivati ai due misfatti e come si sono svolti.
Un inizio turbato e violento Il venditore di materiale informatico Claude Dubois, da Bulle (FR), aveva 22 anni quando la sua relazione con Pascale, un’assistente dentaria con 9 anni in più, andò in frantumi. Dubois voleva imporsi in modo assoluto, e sembra che richiedesse atti sessuali che ripugnavano alla sua amica. Ma la violenza vera e propria si manifestò dopo la separazione. Dubois abbandonò il suo posto di lavoro, diede inizio ad una vera e propria persecuzione, molestò notte e giorno la sua ex al telefono, giunse fino ad atti maneschi.
Il 19 novembre 1997 Pascale sporse querela penale per minacce, violenza privata e vie di fatto. La legge vodese prevede in questo caso un tentativo di conciliazione presso il giudice di pace, cosa che accadde il 15 dicembre successivo, senza risultato se non quello di far diventare ancora più aggressivo il persecutore. Si intromisero allora i genitori dei due e ancora prima di Natale ebbe luogo una specie di consiglio di famiglia. Dubois dichiarò esplicito: “O torna con me o dovrà morire”. Se non avesse avuto un’arma adeguata, disse anche, ciò avrebbe solo comportato sofferenze più lunghe per la vittima! Accettò però il consiglio del padre di consultare uno psichiatra.
Una notte dagli psichiatri basta e avanza Ad inizio gennaio 1998 Dubois si presentò alla clinica psichiatrica di Marsens (FR), dalla quale fu rilasciato già il mattino seguente, gli psichiatri non avendo constatato in lui alcuna patologia mentale. L’inchiesta della procura dimostrerà poi che a quel momento aveva già acquistato l’arma dell’assassinio e svuotato il suo conto in banca. Una premeditazione quindi totale e assoluta, mi sembra. Nei giorni seguenti fu sorpreso 3 volte in agguato davanti alla casa di Pascale, nel tentativo di sequestrarla sotto minaccia delle armi. Al terzo tentativo, il 14 gennaio 1998, riuscì nel suo intento. Trascinò la vittima fino allo châlet di vacanza dei suoi genitori a La Lécherette (VD), la violentò ripetutamente. Dichiarerà poi che era sesso consensuale, ma le tracce riscontrate all’autopsia dimostreranno il contrario.
Delitto Pascale tentò di difendersi con uno spray al pepe, ma lui le sparò tre colpi di pistola. Pur gravemente ferita, la vittima riuscì a barricarsi in una camera. Lui sparò ancora attraverso la porta che sfondò per poi finire Pascale, oramai incapace di difesa, con un proiettile alla nuca. Dubois parlerà negli interrogatori di “colpo di grazia”.
Commesso questo mostruoso, feroce assassinio (a sangue freddo, dico io), Dubois telefona al padre dicendo: “Ho commesso una grossa stupidaggine”. Poi vaga senza meta e apparentemente rilassato , mangia qualcosa e si concede anche un pisolino. La sera stessa incappa in un posto di blocco a Losanna e viene arrestato. Non nega l’assassinio, ma dà la colpa a Pascale: “Se non avesse fatto uso dello spray al pepe, è stato il suo sbaglio fatale, non sarebbe capitato nulla”. Invece la vittima ne ha fatto uso, e questo ha fatto perdere il controllo dei nervi al poveretto! Condannato a 20 anni di reclusione, in carcere a Bochuz, si comportò da solitario che rifiutava qualsiasi terapia e qualsiasi possibilità di perfezionamento professionale, cosa ben presto notata dalle autorità carcerarie. A un’intervistatrice di “Le Matin Dimanche” dichiara che quello che fa paura alla gente è il fatto che tutti si possono identificare in lui, e che ad ognuno potrebbe accadere quel che è capitato a lui.
Internet dal carcere, il web non conosce pareti Durante la carcerazione, grazie alle “modernità” gentilmente e gratuitamente (quindi a nostre spese dico io) messe a disposizione dei detenuti, Dubois ricerca ossessivamente una nuova partner su Internet. La trova, ancora un’assistente dentaria. L’8 maggio 2004 i due convolano a nozze, la direzione del carcere non concede però alla coppia l’uso della cosiddetta “camera di contatto” per rapporti senza sorveglianza, evidentemente, dico io, perché i responsabili si sono resi conto che i rapporti intimi con Dubois sono più pericolosi di quelli con la mantide religiosa. Resasi conto del pericolo, la moglie chiede il divorzio e lo ottiene rapidamente. Teoricamente Dubois avrebbe potuto beneficiare della liberazione anticipata già dal maggio 2011, cosa che gli fu però giustamente negata dal tribunale responsabile. Ma neppure un mese dopo viene trasferito da Bochuz, struttura chiusa, a Bellechasse, struttura aperta, non si sa perché, e questa è una domanda bruciante che dovrà venir chiarita dall’inchiesta teatralmente annunciata il giorno stesso della scoperta della recidiva assassina dalla Signora Jacqueline de Quattro, consigliera di stato vodese, che da buona radicale prende subito decisioni radicali e risolutive, senza tralasciare di annunciarle urbi et orbi.
Arresti domiciliari, braccialetto elettronico Il 3 luglio 2012 il tribunale cantonale vodese respinse ancora la seconda richiesta di liberazione anticipata di Dubois. Invece di liberarlo si decise di spedirlo agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico. Aveva una quantità di prescrizioni, di notte e nel weekend non poteva uscire dal suo domicilio (presso i genitori) ad Avenches (VD). In settimana aveva un lavoro semplice, procuratogli dal padre benestante. Ben tre assistenti dell’autorità tutoria erano incaricati della sua sorveglianza, cosa assolutamente inabituale, che sta ad indicare che ci si era resi conto della sua pericolosità. Dopo solo 3 mesi, il 23 novembre 2012, i sorveglianti danno l’allarme: Dubois ha molestato l’ex moglie e minacciato di morte due colleghi! Viene licenziato dal posto di lavoro. Non rispetta gli arresti domiciliari.
Confessione inquietante, regioni oscure dell’anima Il responsabile dell’autorità tutoria vodese, Jacques Monney, parla netto e chiaro: “Claude Dubois non ha esitato a dirci che si sente prossimo ad una recidiva”. Su sua richiesta Dubois finisce ancora dietro le sbarre. Ma già a metà gennaio 2013 è di nuovo pronto ad entrare in azione, e sfotte quasi i tutori affermando che la spunterà lui. Il tribunale, basandosi su una nuova perizia, decide il rilascio dalla reclusione ai domiciliari, il padre gli procura un nuovo lavoro. Il 26 marzo 2013 il tribunale cantonale vodese rifiuta definitivamente il ritorno in reclusione e il 16 aprile ordina nuovi accertamenti peritali.
Il destino di Marie, che non ha vent’anni Nel frattempo Dubois, 36enne, fa la conoscenza di Marie, 19enne, figlia di un religioso protestante, apprendista cameriera in un bar di Payerne (VD). La loro vicenda è stata ricostruita grazie ad un blog sul quale Dubois diventa “Teddy DesBois” e informa un gruppetto di amici cibernetici sulla sua vita privata, mettendosi in evidenza con fotografie e oscenità. Parla anche di amore per Marie, di matrimonio e figli. Il 3 maggio comunica ai suoi amici che ha dormito con lei per la prima volta. Racconta in dettaglio tutta una notte di amore. Ma presto Dubois viene dichiarato ospite non grato del ristorante dove lavora la giovane.
Consummatum est Il 13 maggio verso le 19.00 viene visto vicino al ristorante: riesce a immobilizzare Marie con nastro adesivo, gettarla sul sedile posteriore della sua macchina e partire all’impazzata. La polizia subito avvertita inizia la caccia all’uomo. Dubois viene arrestato il giorno seguente dopo un lungo inseguimento. Confessa e conduce gli investigatori in un bosco vicino a Châtonnaye (FR). Si è letto sulla stampa che il corpo di Marie era sfigurato e deturpato.
Dubois è salvo, la società si occuperà di lui Ma Dubois è salvo e al sicuro, mi sembra. E al riparo dalle proprie responsabilità sono tutti quelli che, involontariamente, lo riconosco, hanno contribuito alla sua salvezza. Di loro, caro Francesco, ti dirò domani.
Gianfranco Soldati