Domani 30 luglio la Corte di Cassazione (prima sezione penale) prenderà in esame il ricorso di Silvio Berlusconi contro la condanna in appello per il caso Mediaset. La sentenza è prevista per mercoledì 31. La suprema corte potrà: assolvere l’imputato (!), confermare la sentenza d’appello od ordinare un nuovo processo.

La lotta del leader del PdL contro le “toghe rosse” (come lui stesso le definisce) dura ininterrottamente da 19 anni. In un’occasione il Cavaliere ha dichiarato: “Per difendermi in tutto questo tempo ho speso più di 300 milioni di Euro”.

Tuttavia, probabilmente, nel futuro di Silvio Berlusconi non c’è il carcere, anche se la condanna inflittagli suona: 4 anni di reclusione e 5 di interdizione dai pubblici uffici. Se la Cassazione rendesse definitiva la sentenza di Milano, la prospettiva sarebbe per lui quella dell’affidamento in prova ai servizi sociali. Qualora egli lo rifiutasse, gli sarebbero concessi gli arresti domiciliari.

Bisogna tener conto del fatto che 3 dei 4 anni di carcere verrebbero cancellati dall’indulto che copre i reati commessi prima del maggio 2006 (laddove la frode fiscale sarebbe stata perpetrata negli anni 2002-2003). La pena residua di un solo anno non porterebbe alla carcerazione ma – come detto – all’affidamento o ai domiciliari.

Resta, politicamente rilevantissima, la “sospensione dai pubblici uffici”, in pratica la decadenza di Berlusconi dalla carica di senatore. Questa, tuttavia, non potrà essere decretata dalla Cassazione. Solo il Senato stesso potrà farlo con il suo voto.

Il Popolo della Libertà attende vigile e teso la sorte che la magistratura riserverà al suo capo. Convinto, come il suo capo, che le toghe (“quelle” toghe) perseguano un fine politico.