Ai livelli più bassi degli ultimi tre anni solo un mese fa, l’oro ha ripreso vigore in luglio. Il prezzo dell’oncia ha guadagnato 7%, il miglior mese dal gennaio 2012.

Un balzo in avanti che si distanzia dai tre precedenti mesi, quando l’oro aveva perso un quarto del suo valore. Tre mesi che hanno visto gli hedge funds realizzare storiche vendite allo scoperto e i privati fuggire dai fondi ETF, il cui corso era crollato del 25%.

A breve termine gli analisti non sono ottimisti e parlano di volatilità persistente e prezzi sotto pressione.

Il corso dei metalli preziosi è estremamente sensibile all’evoluzione dei tassi d’interesse. Gli investitori si aspettano di vederli rimontare, perchè l’accomodante politica monetaria della Federal Reserve americana sta giungendo alla fine.
Se non sarà per settembre, sicuramente entro la fine dell’anno verranno abbandonate le misure non convenzionali. “Mai come sinora, l’oro evolve attorno alla virgola, alla parola che la Fed aggiunge o ritira dalle sue comunicazioni – sottolinea l’economista francese Alain Corbani.

Di fronte alla crisi, l’oro quale valore rifugio attira sempre meno. Gli indicatori macro-economici fatti pervenire dagli Stati Uniti migliorano e le ultime cifre pubblicate sulla Zona euro farebbero pensare che la recessione sta terminando.
La Cina, il cui rallentamento da mesi preoccupa, in luglio ha visto un leggero miglioramento nel settore industriale. In questo contesto di miglioramento dell’economia mondiale (vero o presunto, ndr) le azioni e gli altri attivi più rischiosi dell’oro dovrebbero tornare interessanti.

A partire da aprile gli investitori privati hanno massicciamente disertato il mercato dell’oro. Il crollo del prezzo dal picco storico di 1’900 dollari l’oncia a 1’200 dollari ha avuto la meglio sulla fiducia dei piccoli investitori.
“Un bene rifugio che si è rivelato volatile , che non offre alcun rendimento e che in meno di due anni ha perso il 30% del suo valore. E’ qualcosa che fa male – ammette uno specialista del settore.
Ci vorrà molto tempo prima che il prezzo salga a 1’500-1’600 dollari l’oncia e nel frattempo potrebbe anche scendere a 1’100 dollari.

In un contesto di prezzi che è notevolmente cambiato, le banche centrali hanno rallentato il ritmo dei loro acquisti. Per diversi analisti, la fine brutale della corsa folle verso l’oro potrebbe aver reso più cauti i responsabili delle riserve delle banche centrali. Un ruolo lo avrebbero anche avuto il rafforzamento del dollaro e l’asfissia delle economie emergenti.
Settimana scorsa, un membro del Consiglio mondiale dell’oro ha fatto capire che quest’anno gli acquisti delle banche centrali potrebbero scendere a 400 tonnellate d’oro, ben lontano dalle 535 tonnellate che nel 2012 avevano aggiunto alle loro riserve, un record negli ultimi 50 anni.

(Les Echos.fr)