(fdm) Pubblichiamo questo breve articolo non senza formulare una premessa e una domanda.
— Delle cifre cui allude Curti non sappiamo nulla. Immaginiamo che siano documentabili.
— Domanda (ovvia). Abbiamo noi il dovere di accettare indiscriminatamente l’afflusso di questi “disgraziati”, mettendo a rischio la nostra società?


Non certo la popolazione ticinese, già presa per il collo dall’occupazione sempre più ballerina, premi e costi di Cassa Malati “all’americana”, proventi dalle assicurazioni sociali in continua discesa. Qualcuno però quei soldini (milioni!) li ha ricevuti; dico ricevuti non presi, anche se, con il vento che tira, non dobbiamo stupirci di nulla. Già, milioni mica spiccioli, per la precisione sette milioni e duecentotrentasettemila franchi. Tale è la differenza tra le spese complessive sostenute dal Cantone per l’aiuto d’urgenza ai NEM e i rimborsi avuti da Berna tra il 2008 e il 2012. Se questi sono “gli schiaffi presi dai balivi” come spesso urlano i soliti noti, mi metto in fila anch’io perché non sguazzo certo nell’abbondanza. Soldi della Confederazione che il Ticino ha risparmiato nell’opera di aiuto di urgenza ai disgraziati che tentano di garantirsi una vita decente.

Le norme di applicazione dell’aiuto d’urgenza variano da cantone a cantone e ognuno lo interpreta a modo suo, dentro i limiti costituzionali che prevedono l’obbligo di garantire un tetto, il vitto e la copertura medica in caso di bisogno. Bene, nel confronto con gli altri cantoni, il Ticino figura tra i più restrittivi (dire economici sarebbe un eufemismo); da qui la domandina facile, facile: Cosa si è fatto con quei “risparmi”? Sono stati resi alla Confederazione? Sono andati nel calderone dei sussidi alle Casse Malati, alle infinite organizzazioni umanitarie e al Tavolino Magico del frate più conosciuto della Svizzera italiana?

No? E allora? Si spera in una risposta sensata e intelligente.

Carlo Curti, Lugano