Lunedì 4 novembre diverse migliaia di persone hanno manifestato a Mosca contro la presenza di immigrati nel paese e a sostegno della “razza bianca”.

Battezzata “la marcia russa”, la manifestazione si svolge ogni anno in diverse città russe, il giorno della festa dell’unità, che dal 2005 sostituisce le commemorazioni della rivoluzione bolscevica del 1917, il 7 novembre.

Per i cittadini ordinari questa festa dell’unità significa ben poco, ma è stata recuperata dai gruppi nazionalisti, comunisti e neonazisti che ne approfittano per sfilare facendo il saluto nazista, trasgressione maggiore in un paese che ha versato un pesante tributo (27 milioni di morti) per sconfiggere la Germania nazista.

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La celebrazione della marcia russa nell’ex capitale imperiale San Pietroburgo, è stata marcata dalla morte di un immigrato d’Asia centrale, ucciso a pugnalate a margine della manifestazione.
Secondo la stampa si tratta di un omicidio commesso da giovani nazionalisti. La vittima era originaria dell’Uzbekistan, una delle ex repubbliche sovietiche d’Asia centrale che forniscono gran parte della mano d’opera immigrata in Russia.

Oggi i russi, popolo dominante nella Federazione della Russia, vivono come se fossero una minoranza oppressa nel loro stesso paese. In piena crisi d’identità, buona parte della popolazione russa conta sulla costituzione di uno Stato nazione, etnicamente e religiosamente puro.
Difficile però da realizzare, perchè la Federazione è un mosaico di popoli e di etnie, dove vivono 20 milioni di musulmani (Volga e nord del Caucaso).
Il discorso belligerante guadagna terreno anche in queste regioni musulmane. Le correnti dell’Islam radicale (salafismo, wahhabismo) non sono più confinate nel Daghestan o in Inguscezia, ma hanno il vento in poppa anche nella Repubblica del Tatarstan e in Bashkiria.

Dalle guerre di Cecenia (1994-1996 e 1999-2004), i russi hanno lasciato la Cecenia, l’Inguscezia e il Daghestan, divenuti etnicamente omogenei. Negli anni è cresciuto l’odio verso gli immigrati venuti da Georgia, Armenia, Azerbadjan e dell’Asia centrale (Uzbekistan, Kirghizistan e Tadjikistan).
Sfruttati da funzionari senza scrupoli e da società poco scrupolose in materia di salari adeguati e sicurezza sul lavoro, gli immigrati vivono inoltre perseguitati dalle bande nazionaliste che non perdono occasione per scorribande punitive, spesso con esiti letali.

Qualsiasi immigrato in Russia sa che non deve uscire di casa in tre occasioni : il 20 aprile, data dell’anniversario della nascita di Adolf Hitler, il 2 agosto, festa dei paracadutisti e il 4 novembre, giorno della marcia russa.
Ma nemmeno gli altri giorni sono garanzia di sicurezza. Di recente gruppuscoli nazionalisti hanno lanciato un’azione denominata “bely wagon” (“il vagone bianco”), la caccia alle persone dall’apparenza non slava sui vagoni della metropolitana, al grido di “uccidetelo!”.

Il 26 ottobre scorso giovani nazionalisti hanno attaccato un treno che da Mosca si recava nel Tadjikistan, mentre era fermo per qualche minuto alla stazione di Ternovka, nella regione di Voronej, spaccando tutti i vetri in diversi scompartimenti occupati da tadjiki.
Inoltre non si contano più gli interventi della polizia per fermare i raid di simili gruppi sui centri di accoglienza degli immigrati.
Il tema dell’immigrazione, affrontato dai politici alla vigilia di ogni elezione, è la preoccupazione del momento.
Il malessere ha raggiunto l’apice il 12 e 13 ottobre nella periferia sud di Mosca. Esasperata dall’assassinio di un giovane russo, ucciso da un uomo originario dell’Azerbadjan, la popolazione del quartiere aveva distrutto e svuotato i negozi di un centro commerciale e un mercato all’ingrosso dove lavoravano diversi immigrati.

“Questo episodio ha mostrato che le tensioni sull’immigrazione sono ben più forti di quanto potesse sembrare a prima vista. Una volta sembrava impossibile che scene simili potessero accadere a Mosca, ma in questi 13 anni metà della popolazione russa è diventata favorevole agli slogan discriminatori. A Mosca è peggio che altrove, la capitale è ben più xenofoba del resto del paese – constata Alexander Verkhovski, direttore del centro di analisi SOVA.