In risposta a Partiti e Democrazia di Giovanna Viscardi (la quale saluto cordialmente)


L’on. Viscardi, se desidera replicare, ne avrà ampia facoltà e il portale sarà a sua disposizione.

A mio parere, Giovanna Viscardi, come Chomsky prendono un abbaglio. Il paradigma da loro usato per valutare la „portata della democrazia“ è l‘influenza delle persone sulla vita politica. Tuttavia, il più grande valore della democrazia pluralista dei nostri giorni non è tanto in quante persone si recano al seggio (e quindi quante esercitino un‘influenza politica), ma piuttosto la possibilità data a qualsiasi cittadino svizzero di partecipare alle scelte comuni. Se poi il cittadino sceglie di votare, questo è un altro discorso. Le decisioni politiche non si devono, secondo me, basare solo sulla quantità della maggioranza, ma anche sulla qualità della maggioranza. Contemporaneamente, le decisioni della maggioranza devono e non possono astenersi da tutelare tutte le minoranze silenziose. Un ottimo mezzo per tutelare le minoranze sono il referendum e l‘iniziativa popolare (nelle quali non è necessario partecipi questa élite).

Quando un governo di tipo elitario si occupa dei problemi di tutte le persone, dando un peso significativo alle minoranze, allora in questo caso una democrazia nella quale il 70% ha una influenza significativa non è migliore di una dove governa solo una piccola élite. Per farla breve: è meglio il governo dei trenta tiranni, piuttosto della platea che sceglie Barabba.

Beninteso, non voglio tornare a uno stato totalitario, bensì sottolineare l‘enorme vantaggio della nostra democrazia.

Il problema che si verifica spesso in Svizzera è quello della mancata conoscenza della materia elettorale. Uno studio sull‘iniziativa Minder aveva dimostrato che solo il 3% delle persone intervistate era a conoscenza del problema e di cosa sarebbe cambiato votando si o no. Secondo me ci sono delle decisioni che non possono essere prese dalla maggioranza della popolazione, appunto perché è la maggioranza a non conoscere veramente a cosa va incontro. La maggioranza è pericolosa e spesso in balia dei politici. Ricordo che lo stesso Hitler è stato voluto – democraticamente – dalla maggioranza della popolazione tedesca.

La differenza fra la nostra e una dittatura, non è alla stregua di quante persone si presentino o no al seggio elettorale. Ma sta appunto nella consapevolezza delle persone e (spesso questa viene meno) nel rispetto della volontà delle minoranze. Il discorso è ben diverso se i trenta tiranni fanno i loro soli interessi oppure si interessano dei problemi della „gente comune“; un governo fatto da pochi ma che rispetti le minoranze è nettamente migliore di un governo fatto da tanti che si preoccupi solo dei suoi comodi. Eppure i nostri politici sono ben consapevoli di quali e quanti siano i nostri problemi. E se anche non lo sono o ben si guardano dal mostrarlo o si girano da un‘altra parte, non è con una maggiore partecipazione alle urne che ne vengono a conoscenza.

Sono molto d‘accordo, invece, quando parla della dominazione dei partiti da parte di questa élite. Ma io identifico il problema nello svuotamento di significato politico che porta con se questa élite. Non tanto del governo di pochi anche all‘interno di questi partiti, ma anche del fatto che spesso non sanno proprio cosa fare. E allora di questa la conseguenza è che nessuno si interessa più attivamente di politica. E tornando al problema, è probabilmente correlato a quello antropologico della nostra era: nessuno ha più il tempo materiale di iscriversi al partito politico e di parteciparvi.

Insomma, non c‘è tanto da essere ottimisti, osservando quanto i ragazzi si interessano di vita politica. Secondo me in futuro andrà sempre peggio. Come dice Giovanna, il nostro è un periodo di oscurità. La mia speranza è che attraverso una informazione colta ed esperta (ecco i lumi), si arrivi a delle scelte più consapevoli da parte della gente. Non si sa mai di interessare proprio in questo modo anche il restante 70% della popolazione.

Marco Patuzzi