All’intervista con Dániel Vass, direttore artistico di “Breganzona incanto”, fa seguito quella con Max Pizio,  saxofonista e percussionista, creatore di “Natale ticinese a Buenos Aires”. Un’intervista di Francesco De Maria.


Francesco De Maria   Lei ha già partecipato a “Breganzona incanto”?

Max Pizio   Non ho mai partecipato a questa bella programmazione e sono felice di far parte dell’edizione 2013.

Lo spettacolo di quest’anno l’ha ideato lei?

MP   Per quanto riguarda il titolo: “Natale ticinese a Buenos Aires”, è stato il gentile suggerimento di Dániel Vass, il direttore artistico della manifestazione, il quale mi ha dato l’incipit, e ha fornito la prima scintilla creativa. Grazie a questo suggerimento, ho potuto costruire i primi “mattoni” per lo spettacolo, continuando l’avventura presso la chiesa di Biogno, ho avuto l’ispirazione già nell’aprile di quest’anno, dopo un primo sopralluogo molto suggestivo e nello stesso tempo rilassante. Inoltre questo spettacolo è anche frutto di un’intensa collaborazione con il progetto Two Dice, che già dal 2003 opera nel campo della musica contemporanea e nell’ambiente del tango argentino.

Se ho ben capito, non è un teatro e non è un concerto. Che cos’è?

MP   Si tratta di una performance strutturata, che vede come protagonisti l’attrice Elisa Carnelli e i musicisti del progetto Two Dice: Alessandra Gelfini e Max Pizio, con la partecipazione del fotografo Gian Paolo Minelli. L’idea fondamentale è di proporre al nostro pubblico un viaggio tra le immagini in contrapposizione, di una Buenos Aires viva ma nello stesso tempo precaria, e fondere sinergicamente musica e recitazione, passando dalla tradizione del tango viejo di Manzi e Gardel, assaporando la profondità di alcuni testi di Borges e di Alfonsina Storni, indi rivisitando alcuni classici di Piazzolla.

Lei è solo un musicista? O anche uno showman? Un attore? Un autore?

MP   Dopo 20 anni come musicista professionista, penso che l’evoluzione attuale delle mie attività, oltre a quella dell’esecutore, è quella del ricercatore e del compositore, anche se spesso mi capita di collaborare in progetti di ricerca come sound designer o come arrangiatore. Non mi ritengo uno showman e neppure un attore, a volte mi piacerebbe esserlo, ma non ne ho le doti. A parte un recente e unico episodio di scrittura di un brano poetico, i miei sforzi come autore vanno nella ricerca didattica e la documentazione di alcuni fenomeni acustici, legati agli strumenti con cui lavoro più spesso, i sassofoni.

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Saxofono e percussioni, i suoi strumenti. Perché li ha scelti e perché li ama? In “Breganzona incanto” ci saranno musiche originali?

MP   Innanzitutto provengo da una famiglia di musicisti i quali mi hanno influenzato sin da piccolo, mio padre soprattutto, (clarinetti, sassofoni, violino e vibrafono), mio nonno pianista non vedente e mia nonna (percussioni e batteria). La scelta del sassofono in un genere come il tango, che predilige strumenti come il violino, il bandoneon o la voce, è sempre stata supportata dal fatto che le nuances piene e il carattere deciso del sassofono, possono avvicinarsi moltissimo alle caratteristiche timbriche degli strumenti descritti. La parte percussiva diventa coloristica allorquando l’equilibrio tra il ritmo trascinante del pianoforte conseguente alla recitazione si dipana nel colore delle immagini, e poi si evolve nella conduzione motoria ed esalta il dinamismo prorompente del tango argentino. Nello spettacolo saranno presenti alcune sequenze di brani originali tratti dal disco Two Dice “Aléa” (Tetraktys Music Label 2005), e accuratamente scelte grazie alle esperienze vissute a livello stilistico nel progetto (dalla contemporanea, al jazz e alla classica). I brani originali sono anche il condensato delle esperienze di vita dei componenti della formazione, come nel tango classico si rievocano l’oblìo e la gioia intrinseca.

Perché l’Argentina? Perché è stata una meta dell’emigrazione ticinese? Per la sua musica inimitabile, il tango?

MP   Riflettendo sul nostro Ticino dell’800, una repubblica giovane e nello stesso tempo influenzata da quanto avveniva nella vicina Lombardia, le guerre Napoleoniche, e le lotte per l’Indipendenza d’Italia, ho cercato di tracciare delle analogie sulla situazione odierna, documentandomi anche grazie l’aiuto di alcuni racconti di famigliari. Mi sono appassionato al tema dell’emigrazione e molte testimonianze parlavano di famiglie che emigravano dalle valli per raggiungere l’oceano atlantico, la baia del Rio de la Plata, l’Argentina, per esempio, per costruire una nuova vita. Per molti anni ho eseguito molto del repertorio del tango, scoprendo le varie influenze anche a livello etno-musicale. Il tango è molto complesso dal punto di vista tecnico-strumentale e questo è un ottimo stimolo per applicare e proseguire la ricerca sui miei strumenti.

Che ruolo ha nello spettacolo la figura tragica della poetessa Alfonsina Storni? Lei conosce l’ultima poesia che Alfonsina scrisse prima di andare incontro alla morte?

MP   Oltre a rappresentare i personaggi celebri e di grandissima levatura artistica Alfonsina Storni Martignoni, nella poesia “Yo en el fondo del mar”, ha ispirato molti artisti nella canzone “Alfonsina Y el Mar” di Ramirez, ma nello stesso tempo mi ha portato a molte riflessioni sul senso della vita stessa, a coloro che soffrono e che sopravvivono grazie alla speranza, e alla consapevolezza di un giorno migliore. Questo momento dello spettacolo è dedicato ad una carissima persona, Ruben Saccher, chitarrista emigrato da Tucuman in Ticino alcuni anni orsono, scomparso purtroppo di recente.

Verranno proiettate delle fotografie di Gian Paolo Minelli, il cui nome è legato a un quartiere di Buenos Aires denominato Villa Lugano. Che cosa può dirci di lui? Che cosa mostrano le sue foto?

MP   Infatti, moltissime delle immagini provengono dalla pubblicazione di Gian Paolo Minelli “Villa Lugano 2008-2009”. Fondata da José Ferdinando Soldati di Neggio, sbarcato in Argentina nel 1888, il quale diede vita nel 1908 all’attuale quartiere. Prima di ritornare in Svizzera fondò anche “Villa Soldati” nel 1913. Le immagini sono di carattere moderno e si alternano con momenti tipici della preparazione al periodo Natalizio vissuto a Buenos Aires, in netta contrapposizione al nostro Natale con temperature dai 35 gradi e dall’attesa degli argentini di partire per le vacanze estive… Gian Paolo vive a Buenos Aires dal 1999, oltre ad essere mio cugino, è un artista di fama internazionale, che nella sua ricerca e documentazione, segue le orme di quei figli pionieri del Ticino che occuparono e popolarono quelle terre, testimoniate attraverso le archeologie industriali, l’architettura di piccola e grande scala, che è possibile identificare nei diversi progetti urbanistici. Attualmente è molto difficile incontrare Ticinesi in questi luoghi, tracce dell’emigrazione si vedono a Santa Fé e a Tucuman.

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