La domanda era chiara: l’inserimento della Svizzera nella black list italiana è legale? La presenza del nostro Paese sulla lista nera che penalizza aziende e società svizzere risale niente meno che al 1998 e potrebbe essere illegale perché in violazione della convenzione contro la doppia imposizione firmata tra i due paesi.

Il Consiglio federale asserisce che il quesito sollevato in un’interpellanza da Giovanni Merlini sarebbe “giuridicamente controverso”. La questione, secondo il nostro Governo, va quindi “affrontata a livello politico”. In altre parole, vien da supporre leggendo la risposta governativa, che i ministri non si sono mai posti il problema. E di conseguenza non hanno una risposta politica alla domanda se l’inserimento della Svizzera nella black list sia legale o meno. Andiamo bene!

Ma in pratica cosa vuole dire essere confrontati con la black list? Analizziamo per un momento i principali paletti fissati nella lista nera:

Le società italiane che vogliono avere rapporti con noi, hanno l’obbligo di comunicare alla Agenzia delle Entrate tutte le operazioni poste in essere con le società svizzere. Bisogna insomma produrre una complicata e costosa montagna di carta, che comprende documenti assolutamente spropositati. Come ad esempio:

1. Organigramma del personale dipendente della società e relativo mansionario;
2. Contratto di locazione tra la società svizzera e la società che concede l’utilizzo dei locali in cui ha sede la società svizzera, comprensivo del riaddebito spese delle utenze;
3. Contratti di lavoro dei dipendenti della società svizzera;
4. Contratti di assicurazione dei dipendenti.

Basta fare un paragone con quello che la Svizzera chiede, o sarebbe meglio dire non chiede, ai padroncini. Ma siamo in Italia e se questi documenti non vengono prodotti, scattano pensati sanzioni finanziarie che danneggiano direttamente il bilancio delle società.

Questo è solo un esempio pratico di come l’Italia ci mette il bastone tra le ruote. Naturalmente vi sono altri aspetti, tanto problematici quanto rilevanti, che tuttavia, visto il carattere tecnico, non è il caso di elencare qui.

In ogni caso sfido qualsiasi imprenditore, italiano o svizzero, ad intraprendere un business reciproco con le mani legate da questa black list che, per di più, ci danneggia perché, anziché favorire l’insediamento nel nostro paese di aziende sane e operative, produce solo l’importazione di scatole cinesi.

Elisabetta Lara Gianella, Lega dei Ticinesi