(fdm) Il dottor Gianfranco Soldati è un medico-scrittore che, ormai non più giovane, inorridito dalle catastrofi finanziarie che squassano il pianeta, si è messo a studiare furiosamente il mondo dei “banksters” (e anche, en passant, dei banchieri “normali”, non necessariamente criminali) e le “filosofie economiche” di governi che-oggi-come-oggi-stampano-solo-carta-straccia. Ha imparato molte cose e ha acquisito convinzioni granitiche.
Un articolo duro e impegnativo, che vale la pena di leggere.
Un riassunto di molte letture e annotazioni, in un faticoso sforzo di connettere la montagna di informazioni, controinformazioni, considerazioni e commenti che ci impediscono quasi la comprensione di quel che vediamo accadere attorno a noi.
La crisi che viviamo sul nostro continente ebbe inizio nel 2007 nel mercato finanziario americano e toccò il suo apice nell’autunno 2008 con il fallimento della Lehman Brothers, una banca statunitense tra le più grandi al mondo. Bancarotta del costo di 150 mrd di dollari, che trascinò con sé numerose altre banche, grandi e piccole, della nazione egemone. Larry Summers, ex ministro delle finanze USA, importante personaggio di un recente WEF di Davos, vede gli accadimenti mondiali dall’inizio del nuovo millennio come presagi di una crescita stentata di lunga durata (“stagnazione secolare”). Ne sono segnali i tassi di interesse troppo bassi e la mancata crescita dell’inflazione nonostante il fatto che le banche centrali abbiano rovesciato sul pianeta tonnellate a non finire di carta (straccia) stampata. Una tesi, quella di Summers, non nuova, una prognosi forse sbagliata, come quella emessa da Alvin Hansen nel 1938, smentita dopo appena 2 anni da una crescita del PIL di quasi un 5% in media fino al 1973 (la guerra fa sempre male, dico io, all’umanità, che è chiamata a fornire i cadaveri, ma bene all’economia in genere e ai padroni dell’industria dell’armamento in particolare).
Nel 1942 Joseph Schumpeter, 1883-1950, uno dei molti economisti della scuola di Vienna assurti a fama mondiale e tra i maggiori del secolo scorso (Friedrich von Hayek, Ludwig von Mises, Wilhelm Röpke per citarne alcuni) pubblica il suo “Capitalismo, Socialismo e Democrazia” con una prognosi sinistra (nel senso di connotata da nero pessimismo) per quel che concerne il futuro. Il capitalismo, dice, è una forza brutale che crea benessere. Le strutture economiche vengono continuamente rivoluzionate a partire dallo stesso interno di questa forza. E` proprio il processo di “distruzione creativa” a costituire il fondamento essenziale del capitalismo. La politica arbitraria di creazione di moneta fittizia e di concessione creditizia è l’adrenalina che stimola il tutto. A sua volta l’eccessiva espansione creditizia delle banche (nota personale: lo abbiamo ben visto con il disastro avviato dalla politica ipotecaria voluta da Clinton) conduce alla crisi finanziaria con annessa perdurante recessione. Annoto ancora: nihil novum (o novi) sub sole, ma purtroppo la storia è una maestra senza allievi.
Ma Schumpeter, in questo vero profeta, si aspetta nel futuro un collasso della forza creatrice del capitalismo dovuto alla presa di potere nelle imprese da parte di manager (sono gli “Abzocker” di Minder che ancora ci affliggono), burocrati (esempio crasso tutti i burocrati di Bruxelles) e intellettuali (il Bernard-Henri Lévy, sefardita algerino trapiantato in Francia, ne è un bel esempio). Le annotazioni tra parentesi sono mie. Schumpeter profeta, dicevo, perché ha descritto nel 1942 tutto quel che abbiamo vissuto in questo inizio di terzo millennio.
La deriva del capitalismo nel senso predetto dall’economista viennese poi trasferitosi negli USA conduce per finire al socialismo burocratico, che è esattamente quel che abbiamo sotto gli occhi in Europa, e non solo da ieri, in questo anno di grazia 2014. La mancanza di freni del capitalismo fa sorgere il bisogno di poliziotti e protettori che lo regolano, lo proteggono e lo sfruttano, cioè dello stato. Ed anche questo lo abbiamo sotto gli occhi.
In conclusione si potrebbe dire che Summers trova conferma delle sue previsioni in quelle di Schumpeter. Quest’ultimo fu, è innegabile, smentito dal boom postbellico (vedi il miracolo di Ludwig Erhard, 1897-1977, ministro tedesco dell’Economia nei governi Adenauer, con la riserva che dove ci sono tante macerie da sgomberare e tanto da ricostruire i miracoli economici sono facili), ma riceve invece conferma da quanto sta accadendo adesso.
C’è però un’altra teoria che si dovrebbe tenere in considerazione: quella degli eredi di von Mises e von Hayek che addossano la responsabilità del perdurare della crisi all’espansione insensata della politica creditizia da parte delle banche centrali e d’affari e all’indebitamento statale sconsiderato. Gli ultimi 2 decenni sono stati caratterizzati dalla caduta dei prezzi di tutta una serie di beni, causata dal progresso tecnico e dall’entrata sui mercati di paesi in via di sviluppo, a bassissimo costo del lavoro. Le banche centrali hanno ridotto, in pratica addirittura annullato i tassi d’interesse, forse anche per provocare un’inflazione che aiuterebbe l’abattimento dei debiti. Bassi tassi d’interesse hanno stimolato la richiesta di crediti che, una volta accordati, avevano per primo effetto quello di creare una montagna di moneta fittizia. Mancando i tassi d’interesse “naturali” (2 a 3% si ammette generalmente, l’economista inglese Taylor ha ideato una regola per calcolarli) venne a mancare l’equilibrio tra risparmio e investimenti, a beneficio di questi ultimi, con troppi investimenti non redditizi a lungo termine, soprattutto nel campo dell’edilizia. Conseguenza inevitabile sarà che un pur debole aumento dei tassi d’interesse possa bastare a far crollare progetti e affari. Con il risultato, per il momento ancora latente, di rendere traballanti banche che tutti credevano solide. Messe di fronte a questi pericoli, le banche centrali hanno insistito sulla via (perigliosa e perniciosa per non dir di più, mi sembra) dell’azzeramento dei tassi d’interesse e sono subentrate alle banche d’affari nella concessione di crediti. Hanno così potuto evitare il collasso finanziario ed economico, ma senza riuscire a stimolare la crescita. Lo si era visto da 25 anni a questa parte in Giappone, e lo verifichiamo adesso in Europa, aggiungo.
Prima di poter nuovamente investire per la crescita bisogna ammortizzare i vecchi ed eccessivi investimenti e risanare i bilanci delle banche (è quel che si sta tentando di fare con Basilea III, credo) e degli investitori. Stampar moneta prima di aver risolto questo problema produce solo ulteriori distorsioni. E`quello che vediamo ogni giorno nelle borse: con interessi nulli sul risparmio tutti si buttano sulle azioni che vengono così sospinte a livelli assurdi. E`come il mattino dopo una sbornia: un altro bicchierino può attutirne i postumi (“gueule de bois” in francese, “hangover” in inglese, “Katzenjammer” in tedesco, in italiano un termine ad hoc non c’è, solo “postumi della sbornia”), ma impedisce il recupero della normalità. I banchieri “centrali” tipo Greenspan, Bernanke o Draghi non possono ignorare queste semplici nozioni, ma non sapendo quali pesci pigliare hanno buttato e buttano in fuorigiro le rotative delle loro zecche per guadagnar tempo, come piloti di aerei che volano con carte geografiche che appiattiscono la terra. E, ancora una volta, tutto questo lo abbiamo sotto gli occhi.
Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff , autori del citatissimo saggio “RR 2010”, hanno dimostrato in modo praticamente irrefutabile che il ritorno alla crescita degli stati sovraindebitati può richiedere decenni se non secoli. Le banche centrali che con la loro condiscendenza hanno stampato e poi ancora stampato moneta, falsando così i prezzi dei beni reali, si troveranno prigioniere della loro politica quando la crisi verrà superata. Le possibilità saranno solo due: i prezzi artificiosamente gonfiati dalla troppa moneta in circolazione regrediranno su livelli normali, causando così una ricaduta nella crisi. Oppure ci troveremo prima o poi confrontati con un’inflazione di tipo sudamericano e sarà tutto il sistema monetario a ritrovarsi in crisi. Verrà a mancare la fiducia, e senza questa una moneta creata e stampata dal nulla cade. Insomma si prospetta un’uscita dalla crisi attuale che abbisognerà di decenni per realizzarsi e che avrà come unico sbocco una nuova crisi, di questo o quel tipo, indotta dalla politica delle banche centrali.
Ma a quel momento i Greenspan, Bernanke e Draghi saranno tutti morti, e noi con loro. Amen.
Gianfranco Soldati