Il Cappero è una pianta utile e interessante. L’ho trovato al Castello Sforzesco, e l’ho fotografato
Tutti conosciamo il cappero come specie mediterranea, nota per la produzione dei capperi (boccioli fiorali) che vengono conservati sotto sale e utilizzati per la preparazione di ottimi piatti della cucina italiana. Inoltre anche il frutto, simile a un piccolo cetriolo, è consumato sotto aceto, da alcuni anni è alla ribalta, utilizzatissimo come stuzzichino.
Della pianta di cappero tuttavia si ammirano l’eleganza evanescente dei fiori che arricchiscono la chioma vegetativa color verde intenso. Grazie alla bellezza dei suoi fiori e al fatto che è una pianta che rimane fiorita per tutto il periodo estivo, sta suscitando l’attenzione del settore florivivaistico per essere utilizzata come pianta ornamentale.
I capperi contengono più quercetina in rapporto al peso che ogni altra pianta. In erboristeria è utilizzata la corteccia della radice. I principi attivi hanno proprietà diuretiche e protettrici dei vasi sanguigni. Può essere utilizzata nella cura della gotta, delle emorroidi, delle varici. Un infuso preparato con radici di cappero e germogli giovani era utilizzato in medicina popolare per alleviare i reumatismi. Recentemente si è appurata, per gli estratti secchi da frutto di Capparis (specie se associati a Olea europea, Glycyrrhiza glabra e Ribes nigrum) un’attività antiossidante cutanea, antiflogistica ed antistamino-simile, valida nelle dermatopatie allergiche. Si usa normalmente, nella medicina popolare, un decotto di radici Capparis spinosa, come antibatterico.
In Italia si distinguono due forme diverse di Capparis, la specie Capparis spinosa, presente per lo più a sud e sulle isole e la specie Capparis inermis. La prima si trova spesso vegetante a terra (Sicilia, Calabria, Puglia, Lazio, Toscana, Liguria) e presenta sui rami delle spine in prossimità dell’inserzione della foglia. La seconda, priva di spine, si trova in tutte le Regioni d’Italia, ma quasi sempre insediata su scarpate rocciose, vecchi muri e rocche.
Sono rinomati in Italia i capperi di Pantelleria e quelli di Salina nelle isole Eolie, a nord della Sicilia. Da sole queste due isole coprono circa il 95% della produzione nazionale con i loro circa 1000 ha, rappresentando un valido reddito per gli agricoltori della zona. Sono coltivati in genere in piccole aziende a livello famigliare, nelle zone marginali, dove altre colture non sarebbero economicamente valide. Inoltre, è all’interno della stessa azienda famigliare che viene compiuto l’intero ciclo produttivo della pianta, vale a dire oltre che della coltivazione e della raccolta ci si occupa anche della lavorazione e della conservazione post raccolta. Il grosso onere nella coltivazione del cappero è la manodopera per la raccolta, che deve essere fatta rigorosamente a mano, ed è per questo motivo che le imprese sono remunerative solo se famigliari.
L’Italia negli ultimi quindici anni ha potenziato molto questa coltivazione nonostante la forte concorrenza della Spagna (con i suoi circa 2600 ha) e di diversi paesi africani soprattutto del Marocco (con più di 4000 ettari), che riescono ad ottenere un prodotto a minor prezzo anche se meno pregevole.
In linea generale le due specie hanno bisogno delle medesime condizioni di vita.
E’ sicuramente una pianta che non ama ristagni idrici prolungati dal momento che per crescere non necessita di significative quantità di acqua ed è spesso un ghiotto prelibato boccone per le lumache di ogni sorta. In inverno, quando gela, se la terra in cui radica è intrisa d’acqua, il cappero muore.
Per queste abitudini di vita del cappero è facile capire perché a Sud il Cappero si trova in terra mentre a Nord si incontra più normalmente sui muri. Il Cappero sa come procurarsi l’acqua grazie a una duplice tipologia di radici: ha radici primarie fittonanti, in grado di raggiungere velocemente gli strati più profondi del suolo e radici avventizie che si dividono in una fitta rete di capillari radicali sottilissimi, simili a muffa, in grado di raccogliere una grandissima quantità d’acqua. Lo stesso avviene tra le pietre dei muri, all’interno dei quali si hanno temperature miti e costante umidità, in grado di garantire ai capperi una ricca riserva idrica. In un muro del Nord, magari a Milano, nonostante le rigide temperature che in inverno toccano anche i -15, in assenza di ristagni d’acqua nelle pietre del Castello Sforzesco di Milano o nelle rocche Trentine o ancora in Veneto e su alcuni tratti della cinta Muraria Bolognese, i capperi vivono indisturbati.
Gianna Finardi