Pubblico (a puntate) un lungo e profondo articolo di un illustre studioso, il professor Gabriele Losa. Per un portale dove normalmente si discute di politica elettorale e di duri scontri pro e contro la nuova tassa sui parcheggi (beh, per fortuna non solo…), dico subito che lo trovo di livello esageratamente elevato. Ma tant’è.

L’articolo è giunto in redazione parecchie settimane or sono ma si è (per così dire) disperso sul desktop, dove fanno bella mostra di sé non meno di un centinaio di icone (ho letto che si tratta di una pratica da evitare, per questo ne metto in tutti gli angoli). L’ho ritrovato un’ora fa. In verità, non l’avevo trascurato. Era semplicemente sparito.

 

Due giganti del pensiero scientifico contemporaneo

La traccia che collega i due scienziati si aggancia a molti dei nodi decisivi nello studio delle scienze della natura. L’ampiezza di visione di Poincaré costituisce una piattaforma teorica e interpretativa per i moderni sviluppi delle scienze della complessità; mentre l’opera di Mandelbrot offre uno strumento, la geometria frattale, per leggere e descrivere con grande realismo una varietà di situazioni. Nel lavoro di entrambi si intrecciano continuamente intento conoscitivo e dimensione estetica.

«Lo scienziato non studia la natura perché è utile farlo; la studia perché ne trae diletto, e ne tra diletto perché la natura è bella. Se non fosse bella, non varrebbe la pena di conoscerla, e se non valesse la pena di conoscere la Natura, la vita non sarebbe degna di essere vissuta». Solare citazione, un inno alla bellezza della natura e della vita, che immortala al meglio Henri Poincaré, scienziato celeberrimo tanto per le sue massime, aforismi, pensieri e riflessioni dallo sferzante criticismo, che traevano spunto dalla realtà e spaziavano nell’illimitato universale, attingendo alla spiritualità e alla plurale e m ultiform e espressione dei sensi, quanto per i suoi studi di fisica-matematica, topologia, epistemologia, filosofia e filosofia della scienza, teoria della complessità; antesignano delle dinamiche non-lineari e sostenitore delle geom etrie non-euclidee, a proposito delle quali l’apice teorico ed euristico fu raggiunto nell’ultimo ventennio del secolo scorso con La Geometria Frattale della Natura di Benoît Mandelbrot, incomparabile opera nella quale v iene evocata la nuova Weltanschaung, la rivoluzionaria visione interpretativa della natura (si veda l’intervista a Benoît Mandelbrot dal titolo: Una Scienza piena di Emozioni pubblicata in Emmeciquadro n° 17).

Il contributo scientifico ed epistemologico di Poincaré. In merito al vastissimo contributo scientifico di Henri Poincaré basta richiamare alcuni esempi; i venti volumi di Fisica matematica, che riproducono l’insegnamento professato presso la cattedra di Fisica matematica alla Sorbona; il trattato sulla dinamica dell’elettrone, del 1905, che rimarrà nella storia del Principio della relatività, secondo il quale «Le leggi dei fenomeni fisici debbono essere le stesse, sia per un osservatore fisso, sia per un osservatore coinvolto in un movimento di traslazione uniforme», osservazione tratta da Histoire de la Physique mathématique dell’opera menzionata, anno tra l’altro in cui Einstein rese nota la Teoria della Relatività; non da ultimo, l’esame della teoria dei quanti elaborata da Planck, secondo cui l’energia dei radiatori luminosi varierebbe in modo discontinuo, dal che Poincaré chiosava che «I fenomeni fisici cesserebbero d’obbedire a leggi esprimibili con equazioni differenziali, e ciò costituirebbe senza alcun dubbio la più grande rivoluzione e la più profonda che la filosofia naturale abbia subìto a partire da Newton».

Henri_Poincaré-2Per illustrare la brillantezza, l’arguzia, il vigore e l’attualità del pensiero di Poincaré, occorre indulgere lungo il filone filosofico-epistemologico che lo contrassegna. Nel suo maggior trattato di filosofia delle scienza, La Valeur de la Science del 1905, proclamò, seppure in modo poco accomodante che «Tout ce qui n’est pas pensée est le pur néant» (tutto quanto non è pensiero è il puro nulla), ma seppe nel contempo, forte di uno spirito critico permeato da scetticismo, «contemplare senza tristezza le rovine delle teorie», ed elevarsi con veemenza contro i denigratori che
vedevano nella scienza solo vanità.

«Il pensiero non è che un lampo nel mezzo di una lunga notte. Ma questo lampo è tutto», si può leggere in conclusione di La Science et la réalité, terza ed ultima parte dell’opera sopraccitata.

Gabriele A. Losa

Prima parte, continua

Pubblicato su Emmeciquadro n° 49