Un Occidente in preda a mille sussulti, tutto assorto nell’eterna crisi in cui la mafia finanziaria globale lo ha sprofondato, che perde tempo prezioso a disquisire su Cina e India, non si accorge invece delle nubi di tempesta che ancora una volta si addensano ad Oriente, ma non in quello mitico e misterioso del Celeste Impero o dell’Induismo, bensì in un Paese che si trova a poche centinaia di chilometri dalle maggiori metropoli europee. Mi riferisco, ovviamente, alla Russia.

Per comprendere il nostro grande e inquieto vicino, occorre meditare sulle grandi opere letterarie del suo passato, iniziando dal genio di Tolstoj, uno dei più grandi scrittori dell’umanità, fedelissimo interprete dell’anima del suo popolo. Ebbene, l’artista-conte, in Guerra e Pace, avanza una teoria largamente condivisibile: la storia del blocco continentale euroasiatico sarebbe caratterizzata da una costante migrazione di popoli da est verso ovest, a loro volta incalzati da altri che seguirebbero lo stesso cammino. Perciò i moderni europei altro non sarebbero che popolazioni di origine asiatica giunte in antico, non in un’unica soluzione, bensì a ondate successive. Il fatto stesso che parliamo tutti lingue indoeuropee rappresenta una prima verifica di tale ipotesi.

Tuttavia, di tanto in tanto, quando la pressione da Oriente si fa troppo forte, assistiamo ad una controspinta uguale e contraria degli occidentali. Episodi come la colonizzazione vichinga dell’Ucraina, la guerra russo-svedese, la conquista francese di Mosca nel 1812 e le due guerre mondiali fanno parte di questa sequenza logica. Talvolta la reazione orientale è dura e immediata: Napoleone, per esempio, viene istantaneamente respinto e non passa molto tempo che l’esercito russo, guidato dallo zar Alessandro, occupi Parigi. Qualcosa di simile accade nel 1945 quando il generale Zukov, omologo del suo predecessore Kutuzov nella guerra napoleonica, invade Berlino e distrugge la stessa Cancelleria del Reich . Talaltra, invece, le popolazioni asiatiche si vedono costrette ad arretrare: ciò avviene nel 1917 quando, a causa della sconfitta militare, la Russia è obbligata a cedere le repubbliche baltiche, la Polonia, la Bielorussia, l’Ucraina e la Moldavia, tanto che la frontiera si sposta pericolosamente verso Mosca. Questi territori, però, saranno riconquistati e oltrepassati da Stalin fra il 1939 e il 1945, con le armate sovietiche attestate in Boemia, incombenti sulla pianura bavarese e sul cuore dell’Europa.

La caduta del muro di Berlino e la dissoluzione dell’URSS, il 31 dicembre 1991 , riconducono quella Federazione , drammaticamente umiliata dalla Guerra Fredda, più o meno negli stessi confini del 1917. Adesso, con Putin, assistiamo ad una nuova spinta verso ovest. La storia si ripete, e contemporaneamente si riaccende la conflittualità fra i due poli del blocco euroasiatico, con il sempre latente pericolo di guerra. Di fronte a tale nuova fase, come si comporta l’Occidente? Di sicuro, nel modo meno razionale e più sconsiderato possibile. La politica di rapina, arrogante e aggressiva, ispirata ai diktat della Banca Mondiale, del Fondo Monetario Internazionale e dei soliti gnomi della Troika, è stata la principale causa della caduta di Gorbaciov, dell’anarchia durante il periodo eltsiniano e del nuovo isolamento in cui i poteri forti internazionali sognano di relegare oggi la Russia. Non giudico in termini morali tale strategia. Mi limito a talune considerazioni di ordine pratico, in continuità con le esperienze a cui ho fatto riferimento.

Il tentativo di porre sotto assedio quell’immenso Paese mediante sanzioni decretate da una modesta contabile priva di visione storica e geostrategica come Angela Merkel, e da un presidente americano che, sono convinto, non conosce neppure i titoli dei grandi classici russi, sortirà il solo, prevedibile effetto di ravvivare nel nostro vicino quella sindrome da accerchiamento, così ben descritta da Tolstoj, che ha rappresentato una delle principali ragioni delle più grandi tragedie europee degli ultimi secoli, incluse le guerre mondiali. Eppure, vi sono tuttora molti imbecilli che si rallegrano per l’annunciata recessione dell’economia russa, nella vana speranza che ciò serva a far cadere Putin e a sostituirlo con uno dei tanti Gauleiter, o servi sciocchi, di cui i poteri forti hanno riempito una Europa vile e prona al loro volere, Italia in testa.

Se chi dirige le banche, l’economia e la politica occidentali fosse meno ignorante di come purtroppo è, conoscerebbe quella celebre pagina del Dottor Zivago in cui Pasternak mette in bocca al giovane idealista Antipov , il futuro boia di Stato Strelnikoff, questa semplice, lapidaria sentenza: Sono in molti a non tener conto della nostra maledetta capacità di soffrire. Sarà proprio questa capacità, che i russi non hanno mai perduto malgrado un ventennio di consumismo drogato, a sconfiggere la mafia finanziaria internazionale, le banche, le Merkel, gli Obama, la Troika e i loro manutengoli. Se ciò avverrà , come tutto lascia supporre, la nuova spinta da est sarà davvero provvidenziale: Ex Oriente lux, come aveva profetizzato San Giovanni Paolo II.

Carlo Vivaldi-Forti