Non passa ormai giorno senza che vi siano furti negli appartamenti, nelle case o nelle aziende, oppure rapine a mano armata a stazioni di servizio, negozi o uffici di cambio. Bande di malviventi – spesso individui dell’est basati in Lombardia o in Piemonte setacciano interi quartieri e paesini. Alcuni vivono nei boschi per intere settimane. A volte si tratta di minorenni che dopo aver varcato indisturbati la frontiera rubano una macchina – creando quindi seri pericoli per automobilisti e pedoni – e si spostano da una località all’altra in cerca di obiettivi da razziare.
Poi ci sono le rapine, e qui siamo confrontati sia con delinquenti di piccolo cabotaggio sia con bande criminali molto pericolose, armate non solo di pistole ma anche di fucili a pompa, armi che questi banditi sono pronti ad usare, com’è accaduto recentemente a Brusino. O ancora pensiamo alla rapina avvenuta all’inizio di questa settimana di Chiasso, dove in pieno giorno e nel centro della cittadina sul confine quattro individui hanno addirittura aggredito la gerente e si sono poi dati alla fuga.
Grazie agli accordi internazionali le frontiere sono oggi un vero e proprio colabrodo
Un’importante causa della perdita di sicurezza nel nostro Cantone è sicuramente da ricondurre alla libera circolazione delle persone, agli accordi di Schengen, di Dublino e alle conseguenze derivate dalla loro applicazione. In primis, l’apertura indiscriminata delle frontiere e lo smantellamento dei controlli doganali, senza nel contempo aver individuato e adottato a livello federale misure e strumenti efficaci per continuare a garantire la tutela del nostro territorio nonostante la sottoscrizione degli sciagurati accordi. Con l’estensione degli accordi bilaterali agli Stati dell’est Europa l’insicurezza inoltre cresce, poiché sono state spalancate le frontiere a una nuova pericolosa criminalità organizzata proveniente da quei Paesi.
La sicurezza ha un costo: importante è la collaborazione tra tutti gli attori coinvolti
Gli importanti costi della sicurezza a carico del nostro Cantone, necessari e – ripeto – in gran parte connessi al fallimentare bilancio del rapporto costi-benefici dei citati accordi internazionali, devono comunque mantenersi proporzionatati rispetto all’obiettivo da raggiungere: garantire la sicurezza ai nostri cittadini, utilizzando in modo intelligente le risorse, massimizzando l’efficienza, tagliando i costi inutili, evitando doppioni, concentrando le attenzioni e le risorse laddove è necessario. Il compito non è facile, ma a questo proposito vanno salutati positivamente i provvedimenti presi dal Dipartimento delle istituzioni e lo sforzo fatto per migliorare l’efficienza della sicurezza, pur cercando di contenere i costi, dato che comunque i conti del Cantone sono quelli che sono.
Ma la Polizia cantonale non è l’unico attore chiamato ad operare a tutela della sicurezza nel nostro Cantone. In questo senso l’auspicio è quello di raggiungere una collaborazione efficiente, performante, finanziariamente ottimizzata in particolare con le Guardie di confine – le sentinelle delle nostre frontiere – e con le polizie comunali – che sono le antenne sul territorio -. Per quanto riguarda le Guardie di confine vanno apprezzati tutti gli sforzi fatti dal Cantone, in particolare dal Dipartimento delle istituzioni, che mantiene contatti stretti e frequenti con l’autorità federale e che continua a battere il chiodo a Berna, con il non facile compito di far comprendere le necessità del Ticino. Siamo senza dubbio una regione che più di altre risente sul piano della sicurezza degli effetti nefasti degli accordi internazionali, in quanto confiniamo con l’Italia, Paese che, oltre ad avere propri problemi interni, funge anche da base di appoggio per pericolose organizzazioni criminali dell’est Europa.
Il grande lavoro della Deputazione ticinese e del Dipartimento delle Istituzioni
Timidamente, da Berna arriva qualche segnale: è infatti di pochi giorni fa l’accoglimento da parte del Consiglio degli Stati (che si allinea così alla posizione del Consiglio nazionale) della mozione di Roberta Pantani, che chiedeva la chiusura notturna dei valichi minori. Una buona notizia dunque per il nostro Cantone, che va ad aggiungersi a quella, risalente a diversi mesi fa, relativa all’accoglimento da parte del Parlamento federale della mozione del deputato Marco Romano, che chiedeva di aumentare le guardie di confine. Non si può quindi non guardare positivamente al lavoro svolto dalla nostra Deputazione, ma anche dal Consiglio di Stato, sul fronte della sicurezza, con l’obiettivo comune di migliorare la situazione del nostro Cantone negli ambiti di competenza della Confederazione.
Facciamo sentire forte e chiaro la nostra voce a Berna
Ma l’impressione è che nonostante gli sforzi profusi da (almeno parte) della classe politica del nostro Cantone, la Berna federale fatichi a recepire seriamente il problema di sicurezza che affligge il Ticino. E il lungo silenzio di Berna diventa ancora più grave se si pensa alle numerose iniziative – concretizzatesi in lettere, petizioni, manifestazioni, prese di posizione o presidi doganali – intraprese negli ultimi anni da forze politiche, gruppi di cittadini o singole persone, soprattutto nel Mendrisiotto ma anche in altre zone sensibili (come ad esempio le Centovalli), volte ad attirare l’attenzione della Confederazione sul tema della sicurezza.
In questo senso mi permetto di pubblicizzare la recente petizione lanciata dal giovane Alessio Allio di Mendrisio e sostenuta dal Movimento dei giovani leghisti, che chiede di reintrodurre il presidio permanente dei valichi doganali del Mendrisiotto. Una petizione che merita di essere sottoscritta, per far sentire ancora una volta la nostra inascoltata voce all’autorità federale. La speranza è l’ultima a morire, ma forse, di fronte a migliaia di firme, qualcuno a Berna si renderà conto che il problema deve essere affrontato con serietà.
Amanda Rückert, deputata al Gran Consiglio