Farinelli

L’abbandono della soglia minima del cambio euro franco, fissata negli ultimi anni a 1.20, avrà certamente un impatto sull’economia del Ticino e sul mercato del lavoro cantonale. Da un lato le industrie ticinesi rivolte all’esportazione dovranno confrontarsi con un rincaro dei loro prodotti, dall’altro, il rafforzamento del franco metterà ulteriormente pressione al nostro mercato del lavoro grazie ad un rapporto di cambio decisamente sbilanciato in favore dei frontalieri.

Complice la rivalutazione del franco sull’euro infatti per i lavoratori stranieri, primi fra tutti gli italiani, sarà ancora più conveniente lavorare in Ticino e potranno di fatto accettare paghe ancora più basse. Il nuovo sistema di imposizione fiscale sui frontalieri, i quali verranno tassati per un terzo con aliquote italiane (più alte delle nostre), non è di grande aiuto in quanto tale aggravio è stato ampiamente compensato dalla svalutazione dell’euro, vanificando di fatto i tentativi di riequilibrare le condizioni tra lavoratori indigeni e frontalieri. Per il Ticino sarebbe quindi stato molto meglio che si eliminasse completamente un regime fiscale che favorisce in maniera ingiustificata la manodopera proveniente da oltre frontiera e che versa un decimo delle imposte che sarebbero dovute se tassati con aliquote italiane.

Serve a poco però, come fatto dai Verdi negli ultimi giorni, sbraitare contro la politica della Banca nazionale chiedendo uno statuto speciale per il nostro cantone. Significa non rendersi conto appieno della reale portata degli eventi e di cosa comporterà per il paese la decisione della BNS. Ovviamente le regioni di frontiera saranno le più colpite (con in testa, come sempre, il Ticino) ma tutta la Svizzera soffrirà questa nuova condizione. In tale contesto picchiare i pugni sul tavolo con Berna rivendicando un trattamento preferenziale a causa della politica della Banca nazionale è dunque semplicemente ridicolo.

Altro discorso meritano invece le misure realmente attuabili in tempi brevi per cercare di parare il colpo: onde evitare un ulteriore degrado del mercato del lavoro bisogna innanzitutto monitorare e verificare, da subito e con maggiore incisività, l’applicazione dei contratti collettivi di lavoro.

Dove non vi è questa possibilità, e date le attuali condizioni, al fine di proteggere i lavoratori locali deve essere richiesta l’applicazione dell’iniziativa del 9 febbraio. È inutile girarci attorno, l’unica misura, peraltro già approvata in votazione popolare, che in qualche modo può frenare le pericolose derive in atto nel mondo del lavoro, è l’applicazione rapida dei contingenti lasciando però ai singoli cantoni la definizione degli stessi.

In conclusione è evidente che le ripercussioni generate dai recenti avvenimenti non sono le stesse per tutte le regioni della Svizzera. E il Ticino, essendo cantone di frontiera, ne sarà ancor più toccato. Personalmente credo non bisogni neanche però illudere le persone in quanto, nel breve termine, è difficile attuare soluzioni miracolose a livello locale che possono risolvere problematiche e decisioni di politica monetaria prese a livello nazionale e sovranazionale. Proprio per questo motivo è fondamentale che, da un lato, gli imprenditori ticinesi dimostrino una certa responsabilità evitando un ulteriore ricorso a frontalieri e padroncini e dall’altro che il singolo cittadino cerchi di evitare una corsa sfrenata agli acquisti oltre confine. Situazioni che non farebbero altro che aggravare un quadro economico cantonale già a sufficientemente a tinte fosche.

Alex Farinelli, economista, candidato al Consiglio di Stato