Soldati 11A proposito dell’iniziativa parlamentare di Sergio Morisoli che chiede l’introduzione nella Costituzione cantonale del referendum finanziario obbligatorio il Gran Consiglio, determinato come non mai, ha deciso di non decidere, rinviando la discussione alla prossima seduta di febbraio. Sul Corriere del Ticino Fabio Pontiggia, in un suo editoriale, ha subito chiaramente preso posizione, logicamente in favore dell’iniziativa. Perché dico logicamente? Per il semplice fatto che i denari che lo Stato spende non sono, come potrebbero invece pensare un Argante Righetti o un Jacques Ducry, denari dello Stato, ma denari dei contribuenti. E vi è un secondo argomento in favore dell’iniziativa che potrei dire cogente. In questi anni di vacche grasse, con continui aumenti delle entrate, Governo e Gran Consiglio sono riusciti nell’impresa di quasi raddoppiare il debito pubblico, portandolo dai 1’350 milioni del 2011 a oltre 2 miliardi di franchi (tenendo conto del preconsultivo 2014 e del preventivo 2015). Con in più il demerito, che attribuisco in prima linea al partito radicale (la componente liberale del partito è oramai irrisoria) di aver imposto al popolo un moltiplicatore cantonale che, pur con qualche accorgimento “limitativo”, incombe come una clava chiodata (“Morgenstern”) sul capo dell’inerme cittadino.

Dovesse il GC, nella seduta di febbraio, respingere l’iniziativa Morisoli o decidere un’altra volta di non decidere, i granconsiglieri responsabili della manovra dovrebbero, se rieletti, presentarsi alla cerimonia di apertura con il viso tutto dipinto di rosso, ma senza croce bianca sulle guance. E non sono il solo che lo pensa.

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Il miserabile intrigo di Darbellay
Christian Darbellay, un grande presidente nazionale PPD-CVP che ha dato un notevole contributo personale alla progressiva demolizione del partito, ai tempi ampiamente al disopra del 20%, vuole risalire dal 12,3 al 14%. Glie lo auguro di cuore. Non è in grado di capire che la causa del declino del partito, discesa che è iniziata sul finire degli anni ’80, va ricercata solo ed esclusivamente nell’eccesso di deriva a sinistra. Darbellay è fiero del primo rango detenuto dal partito nel Consiglio degli Stati, e intende confermarlo, cosa che mi permette di rinnovargli sinceri auguri. Ma lo può solo per la deriva a sinistra, la stessa che ha demolito il partito: quando un democristiano è in lista per gli Stati di fronte a un concorrente democentrista, raccoglie il 100% (sì, 100%, neanche uno di meno) dei voti PS, Verdi, Verdi (pseudo)liberali e accoliti della Giuda in gonnella. E`un’anomalìa che contemporaneamente spiega l’insufficiente presenza UDC-SVP nella Camera alta. Così come spiega anche alcune decisioni balzane degli ultimi tempi dei nostri senatori.

Il contributo personale di Darbellay alla inesorabile discesa del partito, per chi avesse la memoria corta, si è concretizzato quando organizzò in combutta con un consigliere socialista grigionese (che non merita di essere ricordato) la furbesca manovra di corridoio per buttar fuori dal CF Christoph Blocher. Senza accorgersene, poiché non è che brilli per intelligenza, 3 anni dopo ha pagato il conto, assieme al suo capogruppo agli Stati, Urs Schwaller (che lo aveva aiutato ad ordire la tresca antiblocheriana), candidato in pole position per l’elezione in governo. Eletto al suo posto, con grave smacco per il partito e il suo presidente, fu invece Didier Burkhalter, che poteva anche lui contare sull’appoggio delle sinistre per il suo filoeuropeismo. Come conseguenza negativa del suo miserabile intrigo Darbellay dovette poi incassare una umiliante sconfitta nella qualità di candidato al Consiglio di Stato vallesano. Adesso sta ritentando questa strada, perché ha capito, nonostante la durezza di comprendonio, che fin che ci sarà un’UDC-SVP in parlamento la strada per il CF per lui è sbarrata.

Gianfranco Soldati