Tullio 1yL’iniziativa popolare costituzionale per mantenere il segreto bancario per gli svizzeri a casa loro, meglio conosciuta «per la protezione della sfera privata», è ampiamente riuscita e sta seguendo il suo iter. È di questi giorni il no del Consiglio federale o, meglio, della ministra delle Finanze Eveline Widmer-Schlumpf. Anche a Berna sembra valga il dipartimentalismo all’insegna del «non schiacciare i piedi a me e io non lo farò con te» nel nome di uno strisciante e falso consociativismo.

Mi è venuto naturale pensare alla proposta di risoluzione UDC di Gianfranco Soldati «È garantito il segreto bancario per i clienti» del maggio 2002. Una pressione su Berna per iscrivere questo caposaldo nella Magna Charta. La rottura in Gran Consiglio fu trasversale. Relatore del rapporto di maggioranza Olimpio Pini: con lui altri 13 deputati del PLR su un totale di 26 a votare no. Di minoranza invece il testo del sottoscritto, che nel plenum stravolse le previsioni ottenendo 49 sì con la metà dei liberali, un massiccio voto di PPD, Lega e UDC. La medesima cosa era avvenuta in altri Cantoni, ma Berna, e segnatamente il Consiglio federale, non ne tenne conto. Oggi si può capire quanto sarebbe stata importante, efficace e saggia la modifica della Costituzione in questo senso. Da quel momento – era stato annunciato proprio in quei giorni il Tremonti bis – le cose (ahimè!) sono andate precipitando, con l’Esecutivo federale remissivo e obbediente all’UE e più in generale all’estero, pur avendo formalmente affermato: «Il segreto bancario non è negoziabile».

Oggi, per voce della ministra che rappresenta ben pochi cittadini svizzeri, il Consiglio federale dice decisamente no all’iniziativa perché provocherebbe solo danni. Niente di più sbagliato. La Costituzione è la legge delle leggi e questo è un principio importante, un pilastro dello Stato di diritto. Nessuno contesta che già ci siano normative in vigore a tutela di quanto rimasto del segreto bancario. Un rafforzamento giuridico, con l’iscrizione nella Magna Charta, oltre che opportuno è indispensabile. Infatti sarà poi automaticamente obbligatoria una votazione popolare per sopprimerlo, valorizzando pure la democrazia diretta. È bene ricordare che anche per lo scambio automatico di informazioni si era proclamato: «Nessuna concessione all’UE».

Oggi la vita del cittadino è perenne ostaggio dello Stato controllore. Tutto ciò che non riguarda l’ambito pubblico dovrebbe invece appartenere alla sfera privata. Purtroppo è la sfera privata che appartiene sempre più all’ambito pubblico.

Rousseau attribuisce la legittimazione del potere al popolo e non allo Stato. È lo Stato al servizio del popolo e non il popolo al servizio dello Stato. Solo passando una votazione popolare si garantisce la legittimità del mantenimento di un’istituzione che ha fatto della Svizzera un esempio nel mondo, assegnando al cittadino contribuente la responsabilità delle sue azioni. Il Consiglio federale ha perso ancora una volta l’occasione per tacere, lasciando che l’iniziativa facesse il suo corso e rimettendosi al parere dei cittadini. È un Esecutivo che non manca occasione per manifestare la sua debolezza, per non dire incapacità o sudditanza, e il suo scarso attaccamento a quella Confederazione elvetica che ci è stata tramandata. Per cui, succeda quel che succeda alle Camere, andremo con fierezza e convinzione alle urne.

Tullio Righinetti
(pubblicato nel CdT e riproposto con il consenso dell’Autore)