Sono passati cinque anni dall’incidente nucleare di Fukushima Daiichi, in Giappone, nel quale tre reattori dell’impianto nucleare si sono fusi. Benché la situazione non sia ancora del tutto sotto controllo, gli scienziati che si occupano di monitorare i livelli di radioattività hanno iniziato a ottenere dei dati incoraggianti.

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L’incidente ha infatti rappresentato la più ingente diffusione di materiale radioattivo negli oceani della storia; tuttavia, ad oggi i livelli di radioattività registrati nel Pacifico stanno rapidamente tornando verso la normalità. Ad ogni modo, il problema della contaminazione permane tuttora; l’acqua continua a infiltrarsi giornalmente nei basamenti dei reattori, e, una volta entrata in contatto con il materiale radioattivo, una parte, benché limitata, di quest’acqua riesce a filtrare all’esterno degli impianti, finendo in mare.

Il Giappone aveva cercato di prevenire questo fenomeno attivando delle barriere sotterranee di ghiaccio, progettate specificamente per sigillare i rifiuti nucleari. Tuttavia, stando ai risultati dei ricercatori dell’università australiana Edith Cowan, i materiali contaminati continuano a riversarsi nel mare dalla costa orientale del Giappone.

Sembra dunque che le correnti oceaniche abbiano disperso il materiale radioattivo. Se nel 2011, all’indomani dell’incidente, circa la metà del pesce pescato vicino alla costa di Fukushima conteneva livelli di radiazioni talmente elevati da essere nocivi per l’essere umano, oggi questa cifra è crollata a circa l’un per cento.

Nel frattempo, il quattro luglio scorso la prefettura di Fukushima ha annunciato che il numero di persone evacuate dall’area interessata dall’incidente nucleare è calato sotto i 90’000. Questo numero era stato pari al massimo a 165’000 persone, nel 2012. L’allevamento di bestiame è ripreso nella città di Naraha, nelle vicinanze. Il ministro dell’ambiente giapponese, inoltre, ha dichiarato nei giorni scorsi che permetterà l’utilizzo di terra leggermente contaminata per la costruzione di strade, nonché per altri lavori pubblici, a patto che questo materiale sia rivestito da una copertura in grado di schermare le, seppur lievi, radiazioni.