Spesso si pensa che preparare un buon arrosto sia solo un atto intrapreso da qualcuno che in cucina sa cavarsela bene mentre fare un caffè sia del tutto banale.
E se invece cucinare fosse una fase di trasformazione della materia che cuoce arricchita di aromi, sali, liquidi seguendo antiche tradizioni?
Oggi Gianna Finardi ci svelerà come una tazza di tè contiene tanti ingredienti magici: dalla storia, alla mitologia conditi con il pizzico segreto della chimica.
* * *
L’origine della pianta di tè è essenzialmente indo-cinese anche se poi oggi viene coltivata in numerosi angoli del mondo.
Tutte le piante di tè appartengono alla famiglia delle Theacee, al genere Camellia, Specie Sinesis e varietà molteplici.
I semi della pianta del tè, possono essere spremuti per ottenere un olio dolciastro dalle caratteristiche organolettiche simili all’olio d’ oliva o a quello di vinaccioli d’uva e usato in cucina è ottimo per la frittura della tempura grazie al suo alto punto di fumo, 250 °C. Tra gli impieghi caratteristici di questa sostanza, ne ricordiamo uno assai singolare, ovvero in Giappone, con quest’ olio, si trattano i capelli dei lottatori di sumo.
Le foglie di tè più giovani sono destinate alla raccolta per la produzione del tè. In base all’età della foglia si hanno qualità di tè diverse, visto che, con la maturazione, la composizione chimica può subire dei cambiamenti. Trattando in diversi modi le foglie della Camellia sinesis, si possono ottenere prodotti diversi per forma, colore, aroma e sapore: passando le foglie con il calore subito dopo la raccolta si ottiene il tè verde; essiccandole all’aria si ottiene il tè bianco; lasciando ossidare completamente le foglie si ottiene il tè nero; lasciandole parzialmente ossidare e poi trattandole con il calore si ottiene il tè oolong. Le foglie di tè trattate ed essiccate vengono usate per preparare l’omonima bevanda tramite infusione o decozione.
L’origine della bevanda del tè, si perde nella notte dei tempi ma con certezza si sa che già nel 1100 a.C., al confine tra la Ex Birmania e la Cina, vi erano boschi di Camellie che sono ancora presenti ai nostri giorni. Secondo un’antichissima leggenda, oltre cinque mila anni fa, regnava in Cina l’imperatore Shennong, uomo di grande cultura e saggezza, che per motivi igienici, impose ai sudditi del suo immenso regno, di far bollire l’acqua. Un giorno durante un viaggio, l’imperatore ordinò alla carovana di fermarsi e mentre si riposava tra le fresche fronde degli alberi, i servi misero a bollire l’acqua prima di far dissetare l’imperatore. Così pare che intanto che l’accqua bolliva, si levò il vento che fece cadere delle foglie di tè nel bollitore ottenendo un liquido dorato. L’imperatore, incuriosito assaggiò l’acqua ambrata e ne rimase piacevolmente dissetato.
Come si prepara una buona tazza di tè?
La scelta dell’acqua di infusione è fondamentale e non basta essere convinti che l’acqua è inodore, insapore o incolore perché in alcune acque del rubinetto, vi è l’aggiunta di disinfettante, oppure si tratta di un’acqua che contiene residui di ferro dalle tubature o di acqua “dura” ricca di calcio, magnesio sotto forma di sale bicarbonato solubile che in fase di bollitura-raffreddamento, determinerà una sedimentazione biancastra di carbonati insolubili sul fondo del contenitore. E’ facile capire come acque similari sono da evitare e per degustare un’ottima tazza di tè è indubbiamente meglio affidarsi ad una buona acqua minerale.
La chimica delle aggiunte nel tè
Il vero sapore di un tè va gustato amaro anche se poi c’è chi preferisce mettere zucchero o miele ma queste aggiunte ne modificano sicuramente la sensazione al palato. Per un effetto piu’ “morbido” in caso di tè “robusto”, si può aggiungere il latte che con le sue componenti proteiche, lega i polifenoli del tè per limitarne l’effetto organolettico astringente. I più frettolosi talvolta dimenticano che aggiungere un goccio di latte in una tazza di tè bollente, determina una sorta di shock nel latte che fa si che la caseina si separi dal resto del liquido e faccia emergere dalla tazza un tipico retrogusto di formaggio. Si consiglia quindi di mettere il latte nella tazza vuota e aggiungervi pian piano il tè caldo per evitare l’insorgenza della saporosa caseina.
Se invece si aggiunge il limone, oltre a conferire dei toni agrumati alla bevanda, se ne altereranno profondamente anche aroma e colore. Si possono definire le tearubigine, polifenoli complessi, dei veri indicatori acido-base così che se si aggiunge acido citrico, cambiano la loro struttura e determinano un viraggio del colore scuro verso un colore chiaro . Se per curiosità si volesse ritornare al colore originario del tè, prima dell’aggiunta di limone, basterà ristabilite il pH originario aggiungendo bicarbonato che apporta basicità.
Gianna Finardi