La superficie della Terra, la litosfera, è un puzzle gigante formato da 53 placche tettoniche. Vi sono 7 grandi placche (le due placche americane e quelle pacifica, euroasiatica, africana, australiana e antartica) che coprono il 95 % della superficie terrestre e 46 placche più piccole (Caraibi, Filippine, …). Come si sono formate ?
“Capire perchè vi sono poche grandi placche tettoniche e diverse più piccole è cruciale per migliorare la comprensione dei loro movimenti passati e presenti, e anche per capire il funzionamento globale della Terra – spiega Claire Mallard, del laboratorio di geologia di Lione, in Francia – I limiti delle placche tettoniche sono zone a forte attività sismica e vulcanica che è importante studiare attentamente.”
Per capire questo puzzle gigante, gli scienziati avevano sinora la possibilità di analizzare i dati raccolti dai satelliti, dallo studio delle rocce, gli studi sismici, … ma questi “dati terrestri” non permettono di risalire abbastanza lontano nel passato del nostro pianeta.
In effetti, le placche tettoniche sono in continuo movimento. Create a livello delle dorsali oceaniche, dove la materia creata dal mantello si solidifica, le placche oceaniche sprofondano nel mantello sottostante, a livello delle zone di subduzione, dove “fondono” sotto placche tettoniche vicine meno dense.
Risultato : si trova poca litosfera oceanica risalente a oltre 180 milioni di anni, allorchè si stima che la Terra abbia almeno 4.5 miliardi di anni. E’ dunque difficile determinare i movimenti delle placche che sono avvenuti prima di 200 milioni di anni fa.
Per quanto riguarda le placche continentali, qua e là si trovano formazioni rocciose vecchie di circa 3 miliardi di anni, ma sono troppo sparse per trarne conclusioni soddisfacenti, soprattutto che i movimenti di compressione legati alle collisioni tra placce (all’origine della creazione delle catene montagnose, soprattutto) rendono particolarmente difficili le analisi.
Gli scienziati del laboratorio di geologia di Lione hanno optato per una nuova strategia che ha permesso loro di studiare virtualmente i movimenti delle placche nel corso degli ultimi 600 milioni di anni, un periodo tre volte superiore a quello analizzato con lo studio dei dati terrestri. Gli scienziati hanno elaborato simulazioni digitali per creare modelli in 3D di pianeti con dinamiche e caratteristiche vicine a quelle della Terra. Sono stati applicati diversi scenari per esaminare la frammentazione della superficie terrestre.
Questi pianeti virtuali sono simulazioni numeriche ottenute tramite un codice informatico che permette di simulare i movimenti della materia che si producono appena sotto la crosta terrestre e di vedere l’evoluzione e gli effetti sulla superficie.
L’analisi di questi modelli ha permesso di identificare i meccanismi all’origine della formazione delle grandi e piccole placche. Le grandi placche sono correlate ai grandi movimenti di convessione nel mantello; le piccole placche derivano da una frammentazione della litosfera dovuta alle forti tensioni che subisce quando sprofonda nel mantello a livello delle zone di subduzione.
Queste ricerche hanno conseguenze importanti. In particolare, il fatto di aver sottovalutato il numero delle placche oggi scomparse, ha portato a sottovalutare il chilometraggio delle zone di subduzione nel passato. Queste zone hanno un impatto importante sul clima : sono la sede di un importante processo vulcanico e dunque di forti emissioni di diossido di carbonio (CO2), dagli effetti nocivi. Da cui la necessità di portare correzioni e di tener conto di questi nuovi dati nello studio del ciclo del carbonio sulla Terra.
(Fonte : Le Journal.cnrs)