galeazzi-765-xAbbiamo un mercato del lavoro drogato e la conseguenza logica sfocia nel precariato e nella povertà, generando migliaia di persone in situazioni sociali e finanziarie allo sbando.  Il benessere accumulato in questo Cantone negli ultimi quarant’anni sembra si stia sciogliendo velocemente come un “iceberg ai caraibi”.

Siamo arrivati a questo punto per molteplici motivi ed uno di questi deriva dall’entrata in vigore della “libera circolazione delle persone”, dove con essa si è abbattuto un sistema, una cultura e un metodo professionale vincente  negli anni.

Abbiamo importato troppa manodopera estera, principalmente nel settore terziario, laddove non ne avremmo veramente bisogno. Si è introdotto forzatamente il modello salariale dell’UE e, parallelamente, molti datori di lavoro hanno adottato ed adottano tutt’oggi “l’assunzione selvaggia” utilizzando metodi poco convenzionali e corretti cui non eravamo abituati, creando cosi un livellamento al ribasso dei salari stessi.

Quanto sopra ha accelerato la precarietà, la povertà, la disoccupazione ed il malessere tra la popolazione.

Sebbene alcuni istituti scientifici e di statistica cantonali e federali continuino a gettare acqua sul fuoco con numeri e informazioni all’apparenza dubbiose, la realtà quotidiana è ben altra e una deriva di povertà in progresso è statisticamente comprovata.

Le persone in assistenza e bisognose sono in continua crescita (ultimi dati emessi +12% in Ticino) e di loro non si fa cenno in nessuna tabella riguardante la disoccupazione. In questa lista dei “nuovi poveri” vi sono giovani e altrettanti adulti che hanno voglia di rientrare a far parte del tessuto sociale e del mondo di lavoro, ma per la società di oggi, sono persone “fuori mercato”, poiché troppo costose e quindi vengono lasciate in panchina.

Che cosa si vuol fare e da dove si potrebbe iniziare?

Innanzitutto utilizzare tutti i mezzi politici per contrastare il fenomeno negativo occupazionale e quindi legittimare e implementare iniziative come “prima i nostri” ed iniziative mirate contro il dumping salariale. Non saranno le uniche soluzioni ma un punto di partenza con cui iniziare.

Da qui in avanti ci vorrebbe più fermezza nei confronti di chi vuol fare “impresa” imbrogliando le regole del gioco. Specialmente per coloro, provenienti dai paesi confinanti, che non portano indotto e crescita nel nostro paese e cantone, ma soltanto sfruttamento, speculazione, debiti (fallimenti e truffe) nel tessuto economico-lavorativo e fiscale. Dovremmo riportare al più presto rigore e disciplina economica e comportamentale laddove si scoprono i “furbetti del quartierino” e vietar loro di ripetersi.

Incentiviamo coloro, sia svizzeri che esteri, che desiderano fare impresa sana e selezioniamo le loro capacità manageriali, finanziare, competitive e onestà intellettuale verso i propri dipendenti, l’economia e il territorio.

Supportiamo e riconosciamo ai disoccupati e a coloro in assistenza riqualifiche solide, orientate alle nuove professioni, per integrarli nuovamente nel mercato del lavoro. Formiamo e trasmettiamo i valori e le conoscenze ai nostri giovani, offrendo loro posti di tirocinio orientati anch’essi alle nuove forme d’impiego che il mondo oggi richiede.

Ad ognuno il suo ruolo attivo in questo meccanismo economico-sociale: la famiglia per sostenere, infondere i valori, la scuola per apprendere e formarsi, il datore di lavoro per l’applicazione reale, la crescita della persona e ovviamente dell’economia/azienda ed infine la politica per garantire, vigilare e correggere, dove di sua competenza, sull’intero processo, affinché si possano evitare o contenere distorsioni negative che ahimè si stanno sviluppando pericolosamente da troppo tempo.

Evitiamo di far la fine di un “ghiacciolo sotto il solleone nei mari del Sud”.

Tiziano Galeazzi, deputato UDC in Gran Consiglio