Se c’è una cosa per la quale sarà ricordata Katy Perry, sarà quella di aver fatto discutere. Sempre. Con grazia.
La Pop Star americana, classe ’84, amica di Hillary alla quale disegna anche i vestiti (Katy è anche direttrice di una casa di moda), ha recentemente esordito con il suo nuovo singolo, “Bon Appétit”, travolto da critiche ma già martellante nella mente di chi attende con impazienza l’estate. “Allegoria sessuale” dicono molti, forse non senza errore, per l’emblematica torta di ciliegie che campeggia nel video dell’audio e il testo piuttosto ambiguo della canzone. E molti fans si indignano. Non tanto per il loro presunto puritanesimo, quanto piuttosto per il totale cambiamento di personalità della Pop Star, così dicono. Ma, diciamocelo, Katy ha fatto discutere sin da quanto ha esordito, nella sua prorompente bravura sia canora che teatrale, nonché nella sua fresca bellezza californiana. Ripercorriamone insieme brevemente le tappe. Katy ha 24 anni quando esordisce nel mondo dello spettacolo con il primo vero singolo di travolgente successo “I Kissed I Girl”. Dopo alcuni brani senza audience, ecco arrivare la carriera, con una canzone, guarda caso, provocante e dal titolo ben più che ambiguo. Giusto
quest’anno, nove anni dopo, nel ricordarla, la Perry ha dichiarato di averla scritta in difesa della comunità lgtb. Realtà o propaganda? Lo stesso anno esce Hot’n Cold altro travolgente tormentone dall’esilarante video nel quale la giovane interpreta una sposa abbandonata all’altare,
decisa a non darsi per vinta. Trasformista ed ecclettica, sino al punto da sembrare una perfetta adolescente impacciata, si trasforma, nel 2010, nella liceale che dichiara esser stata nella movimentata clip “Last Friday Night” storia di un bruco che diventa farfalla.
Poi la lotta per i diritti, forse memore della sua adolescenza non sempre, dal punto di vista sociale, rosea, come ricorderà sempre, in difesa degli adolescenti stessi: da quelli malati di leucemia, a quelli con famiglie problematiche, a quelli sovrappeso, a quelli vittime di bullismo; il tutto esplicato in uno splendido video, “Firework”. Sempre sul percorso dell’adolescenza, dalla Perry indagata con solo apparente leggerezza, l’estivo “Tenage Dream”, nel quale esplode la voglia di vita di
giovani in vacanza, alle prese con i primi amori. Poi, si cambia musica. E sul filone dell’utopia, ecco apparire “California Gurls” e il “Wide Awake”. Il primo in un mondo di dolciumi che, frutto di un talentuoso regista, nasconde messaggi subliminali di una prigionia dorata, il secondo che sfiora il fantasy, percorso della fuga dalla sofferenza (e dai giardini-gabbia, con principi azzurri malefici.) Nel 2014 esce
Dark Horse, un video sull’antico Egitto attualizzato, con canzone dai tocchi orientali, allegorico, ironico e dal montaggio splendente. Con esso raggiunge il record di 1miliardo di visualizzazioni su Vevo. Poi nello stesso anno Roar, ove Katy interpreta una ragazza lasciata dal fidanzato (divorato da una tigre) nel bel mezzo di una giungla, che però riesce ad addestrare la tigre stessa.
Katy si taglia improvvisamente i capelli, e della ragazza dalla chioma neroblu e gli occhi azzurri, rimane un’artista dalla corta chioma biondo/rosa che ha abbandonato lo stile che l’aveva resa celebre.
Esce dopo 7 anni (di tour, concerti, e altri brani) un nuovo singolo, sull’isolamento della società (complici i social network) e sull’America degli anni ’50, prigione felice. Stoccatina a Trump? La Perry sostiene di sì. “Chained To the Rhythm” è una piacevole clip che esorta a non seguire le masse. Indi l’ultimo singolo, non ancora correlato da un video, nel cui audio si vede tuttavia la testa della pop star su un piatto di frutta. La critica la stronca, eppure “Bon Appétit” (collaborazione col gruppo musicale dei Migos) già ondeggia nelle radio dei centri commerciali. Misto pop, a tratti sound anni ’90, fa discutere, ma questo fatto, dopotutto, non è una novità. Katy Perry sa come far parlar di sé. Anche se i fan, ed è la maggioranza a dirlo, la preferivano dalla lunga chioma blu. Almeno, aveva uno stile suo proprio. Ma ai grandi artisti, non si può comandar l’arte.
Chantal Fantuzzi