Quei saldi che non ci rendono felici – ma ci fanno sperare
Per chi non va in vacanza, la vacanza è per i Saldi…
Si corre, si entra, si sale, si cerca, si prova, si compra. Si guarda, si piange. Perché quel maglione a collo alto comprato con 40 gradi celsius non ci fa più sperare, una volta arrivati a casa, nell’inverno (che tarda ad arrivare) dei nostri sogni?
Perché avevamo sognato invano, in quel negozio con l’aria condizionata e musica commerciale a tutto volume, se poi, una volta usciti sull’asfalto rovente di una città gremita (e non più desolata, poiché per la crisi nessuno va più via e quindi restan tutti qui, a guardare noi, che ci affrettiamo a comprare) quel mini abito extra small o quella maglia così larga che cade dovunque non ci danno più le emozioni che ci avevano regalato al momento del pagamento?
La frenesia per i saldi genera una sensazione di senshut, tensione verso un cambio di vita utopico, auspicabile attraverso l’acquisto di nuovi capi a un prezzo nuovo. La novità di facciata maschera un’insoddisfazione di fondo.
Comprando qualcosa che non sia di stagione, non solo ci fa sentire più furbi per il prezzo ribassato, ma ci fa anche sperare che quella stagione che ora non è qui, prima o poi arrivi, e arrivi nel migliore dei modi, portandoci chissà, quel lavoro agognato o quell’amore disperato.
E’ il non pensare al presente che ci fa sentire più felici. E la filosofia dell’estasis del futuro e del passato, purchè non sia presente, vale anche nei saldi.