La decisione statunitense sembra ormai già avviata: il Tycoon si propone ora di rispettare il termine del 2019 per il trasferimento dell’ambasciata statunitense alla riconosciuta capitale d’Israele, anche per la motivazione (di facciata) di utilizzare le strutture consolari già esistenti a Arnona.

Al contrario dei tempi stimati dal segretario Tillerson, che aveva ponderato tre o quattro anni, anche per diluire nel tempo una decisione così spinosa, Trump, forse convinto da Jared Kushner e dall’ambasciatore Friedman, e – soprattutto- dallo stesso premier israeliano Netanyahu, annuncia invece che entro il prossimo anno la famosa ambasciata sarà spostata da Tel Aviv a Gerusalemme.

Sarebbe stato infatti il premier israeliano Netanyahu a indurre Trump a un’accelerazione per la decisione, mentre il premier palestinese Abu Mazen incontrerà lunedì prossimo a Bruxelles, il capo della diplomazia europea, Federica Mogherini, e i ministri degli Esteri dell’UE. Il premier premerà affinché lo stato palestinese venga riconosciuto.

Washington starebbe per presentare il piano di pace, elaborato dal genero del presidente Jared Kushner, da pubblicarsi tra qualche settimana. Probabilmente si coinvolgerà l’Arabia Saudita, che dovrebbe indurre i palestinesi ad accettare il trasferimento. Impresa senz’altro ardua e rischiosa.

Il leader palestinese Abu Mazen ha però reagito che non negozierà più con gli USA, ostinato, a quanto pare, a non accettare la decisione di Trump; il Tycoon ha allora annunciato che dimezzerà i finanziamenti dell’ONU ai profughi palestinesi.

Tagliente la risposta di Netanyahu: “se Abu Mazen non vuole che gli USA facciano da intermediari, allora non vuole la pace.”