Di Michael Sfaradi

Gerusalemme 19 febbraio 2018

L’immagine del Premier israeliano che brandiva nella mano destra, a mo’ di manganello, il pezzo affumicato del drone iraniano abbattuto dall’aviazione israeliana il 10 febbraio scorso, e gli avvertimenti a non proseguire con le continue provocazioni al confine fra Siria e Israele, nelle ultime ventiquattro ore hanno fatto il giro del mondo.

Era perciò prevedibile una reazione da parte del Ministro degli Esteri della Repubblica Islamica dell’Iran Mohammad Javad Zarif che ha definito Netanyahu un fumettista da circo che ricorre ai cartoni animati per giustificare errori strategici o forse per evitare la crisi interna, alludendo ai problemi legali di Netanyahu.

Per la verità la reazione, tipica di chi è stato beccato con le mani nel sacco, è stata decisamente tiepida, il minimo sindacale, soprattutto dopo che Netanyahu ha definito l’Iran la maggiore minaccia per il mondo ed ha espresso nuovamente la preoccupazione per le ripercussioni dell’accordo sul nucleare con Teheran che, a suo avviso, e non soltanto suo, ora conduce nella regione mediorientale una politica ancora più aggressiva che in passato.

Durante un’intervista rilasciata al Network televisivo statunitense NBC, Zarif ha risposto agli avvertimenti con nuove minacce dichiarando tra l’altro’: “Per anni, Israele ha attaccato la Siria e il Libano senza conseguenze, e per una volta dopo 30 anni i siriani sono stati capaci di abbattere uno dei loro aerei e dunque il mito dell’invincibilità di Israele e del suo esercito è finito”.

Il giornalista della NBC è stato molto politicamente corretto, infatti ha assorbito senza replicare anche la stoccata verso il Presidente Trump reo, sempre secondo il ministro iraniano, di non voler rispettare gli accordi presi da Obama sul nucleare.

Bisogna ammettere che è oggettivamente difficile spiegare al ministro di una dittatura islamica che negli USA, la patria della democrazia moderna, gli accordi internazionali per essere validi debbono sempre essere ratificati dal Congresso che è espressione allargata del popolo, come è ancora più difficile fargli capire che solo nelle dittature come quella che lui rappresenta fuori dai confini iraniani esiste un padrone, o una serie di padroni, che comanda e un popolo che obbedisce in silenzio per non finire in malo modo.

Per quello che riguarda poi l’allusione ai problemi di Netanyahu e alle indagini di cui è oggetto da parte della polizia, la magistratura si deve ancora esprimere, è impossibile che lui capisca che in democrazia una persona è innocente fino a che non viene dimostrata la sua colpevolezza e che in passato il Premier israeliano è riuscito a schivare mine vaganti anche più pericolose di quelle attuali.

Anche se il giornalista della NBC è stato corretto ed educato, e ha probabilmente posto le domande concordate perché è così che funziona con questo tipo di politici se si vuole ottenere un’intervista, meno corretto è stato il Presidente Trump che in un suo Tweet ha scritto: “Iran is playing with fire – they don’t appreciate how “kind” President Obama was them. Not me!” “L’Iran sta giocando con il fuoco – non apprezzano quanto gentile fosse il Presidente Obama. Non me”.

Certo se l’intervista fosse stata vera si sarebbero potute porre delle domande più centrali e importanti sia per il futuro del Medio Oriente che per la stabilità internazionale come ad esempio:

Migliaia di militari iraniani e combattenti Hetzbollah, che prendono ordini da Teheran, si trovano attualmente in territorio siriano a ridosso del confine con Israele, non è forse una provocazione che alla lunga potrebbe tracimare in uno scontro aperto?

Pensa davvero che lo Stato Ebraico, consapevole di avere sia la copertura diplomatica che militare da parte dell’amministrazione Trump lascerebbe a voi la prima mossa in caso di apertura di un fronte sul suo confine del Golan?

Lei ha definito Netanyahu un fumettista da circo che ricorre ai cartoni animati per giustificare errori strategici, per cui parlando di buffonate non le sembra che il suo governo nell’indire ogni anno la gara per la vignetta negazionista della Shoà, o nell’aver installato in Piazza Palestina a Teheran l’orologio che conta a ritroso il tempo di sopravvivenza rimasto a Israele stia esagerando?

Come diceva il poeta : “ Ai posteri l’ardua sentenza”.

Michael Sfaradi