Opinione pubblicata nel Mattino di ieri

Poiché dispongo di poche righe mi limito a considerazioni di carattere generale sulla natura del progetto, le motivazioni del DECS e i possibili sviluppi politici. Exegi monumentum aere perennius, poetava Orazio. Manuele Bertoli, dopo decenni di gestione PLR, vuole che il suo passaggio alla testa del DECS venga “marcato” da una grande Riforma. Ammettiamolo, non faremmo così anche noi? L’idea che sta alla base della “scuola che verrà” è una delle più care alla sinistra: quella che la scuola (ticinese e non) sia classista (la stessa idea nutriva il cattomarxista don Milani). Di qui l’esigenza di renderla “democratica”. Già il linguaggio è irritante: “equa, inclusiva e di qualità”. Uno s’immagina (quasi per forza) che la scuola attualmente in essere sia “iniqua, esclusiva e scadente”. La vecchia scuola è sempre stata accusata di “selettività”: di volere a ogni costo valutare, distinguere, dare buoni e cattivi voti, bocciare. Un peccato mortale! Il progetto originale prevedeva addirittura l’abolizione della soglia d’accesso al Liceo.

Laddove ogni docente liceale sa che uno dei problemi gravi della scuola è costituito dalla presenza di allievi poco motivati e inadatti a quel tipo di studi, ciò che genera continui insuccessi e abbandoni. E ancora: è un progetto complicato e costoso (ma per alcuni l’alto costo è un pregio…) Dobbiamo noi prendere per oro colato le parole di Sergio Morisoli: “Il Ticino non vuole una scuola socialista”? Non necessariamente; possiamo anche attenuare il tagliente giudizio. Ma lasciamo che decidano i cittadini. Hanno plebiscitato la Civica (bello), hanno plebiscitato il Canone (ahimè). Che decidano democraticamente sulla scuola che A LORO appartiene.

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La Destra (perché di questo si tratta) coglie la sua occasione e lancia il Referendum. Una decisione quasi “obbligata” (nostra valutazione) poiché lasciar correre le cose sarebbe stato rinunciatario e, alla fine, automaticamente perdente. La campagna referendaria si intreccerà per forza di cose con la campagna elettorale 2019 e ciò potrà generare effetti rivelatori e provocatori.

Da commentare a nostro avviso in primis il comportamento del PLR che, dopo aver dato gas e votato “Bertoli” – un solo voto contrario alla sperimentazione in parlamento – comprensibilmente tira il freno a mano. Dichiara l’on. Maristella Polli: 

D. Ritiene plausibile che, dopo la fase di sperimentazione, la “scuola che verrà” sarà implementata in tempi brevi?

R. No, chiusa la fase sperimentale si dovranno conoscere i rapporti (Ente esterno, commissione di accompagnamento), valutare l`impatto, conoscere esattamente l`investimento finanziario, stilare un Messaggio del CDS, discutere in Commissione scolastica del GC e portare in Parlamento le decisioni. Sperimentare non vuole e non deve essere un’anticipazione della generalizzazione! (nostra intervista)

Sulla stessa lunghezza d’onda si esprime l’on. Fabio Käppeli in un’opinione pubblicata sul Mattino. Ma il voto è il voto, e conta più di tante amabili conversazioni.

Questa “configurazione” PS, PLR, PPD – che va ben al di là di Airolo e spesso arriva sino a Berna – non promette nulla di buono. Certo, essa risulta numericamente vincente ma si dirige (per forza di cose) verso “la politica che verrà”.