Questo è un classico (e molto godibile) saggio di “Tito geopolitico”. Io lo pubblico (dal momento che l’Autore e il Corriere me lo consentono; lo considero un onore) ma prima lo leggo.

Tettamanti pone sul tavolo la domanda fondamentale: “Se la Superpotenza decade, chi occuperà gli spazi ch’essa lascia liberi?”, senza fornire una risposta decisiva. Il mio frammento prediletto? Questo, davvero azzeccato:

“Il fronte interno, una volta monolitico nell’orgoglio di essere o divenire americani, oggi frammentato in altre priorità, quella di essere afroamericano, ispanoamericano, femminista, gay, di religione ebrea o islamista, di qualche setta come ci ha avvertito Samuel P. Huntington.” Impagabile.

Post scriptum. Dopo aver dato (ampiamente) ragione all’Avvocato mi permetto (in subordine, toute proportion gardée) di aggiungere la mia opinione: gli USA decadono, okay, ma io vedo il disastro incombere sull’Europa.

Buona lettura!

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Con l’entrata in guerra degli Stati Uniti (1917) a fianco dell’Inghilterra, Francia e Italia, determinante per sconfiggere gli imperi germanico e austro-ungarico, ha avuto inizio l’egemonia americana nel mondo, consolidata poi alla fine della Seconda guerra mondiale (1945). Importante colonna di tale egemonia quanto deliberato a Bretton Woods (1944) nella conferenza internazionale che ha posto le basi per il sistema monetario mondiale. Non solo il dollaro è stato dichiarato moneta di riserva, ma il sistema dei pagamenti incentrato sulla valuta degli Stati Uniti (si tratta di 4.500 miliardi di dollari al giorno che passano dagli USA) conferisce privilegi e capacità punitive delle quali le banche svizzere hanno fatto l’esperienza.

Il ruolo di egemone dà molti privilegi ma alla fine è più costoso e gravoso di quanto si possa pensare. La funzione di gendarme del mondo, specie dopo la caduta della bipolarità, l’afflusso di numerosi Stati e tre miliardi di persone nei liberi giochi degli scambi con i relativi impatti è diventata più faticosa. Si parla anche dell’indebolimento del fronte interno, una volta monolitico nell’orgoglio di essere o divenire americani, oggi frammentato in altre priorità, quella di essere afroamericano, ispanoamericano, femminista, gay, di religione ebrea o islamista, di qualche setta come ci ha avvertito Samuel P. Huntington.

Se è iniziata la decadenza USA quale potere mondiale egemone allora la politica attuale e parimenti gli atteggiamenti di Trump vanno forse visti sotto una luce diversa. Il presidente americano rimane un personaggio antipatico, rozzo e arrogante ma queste caratteristiche non devono compromettere la lucidità di giudizio. Kissinger in una recente intervista sul «Financial Times» fa capire che talvolta il destino sceglie i suoi attori. Pensiamo alla figura di un Gorbaciov che con perestrojka (riforme) e glasnost (trasparenza) si illudeva di salvare il regime comunista con soluzioni e concetti talmente incompatibili con il comunismo che lo ha affossato.

Trump ed i suoi non operano più con la responsabilità e la cautela di chi ha la funzione dell’egemone, ma come se si trattasse di agire in un mondo di blocchi dei quali gli USA sono il più forte cercando quindi di approfittarne. Se è così possiamo capire perché snobba il G7 che non ha più il potere di un tempo, si lamenta per contro per l’assenza della Russia che per lui è un blocco con cui pur litigando si devono fare i conti. Pensa a un futuro G2: USA più Cina. Ma per questo lo preoccupa la Via della seta concepita strategicamente dalla Cina, con Iran e Turchia. Di conseguenza si schiera con l’Arabia Saudita, che avrebbe rinunciato a finanziare il terrorismo e punta su Israele. Si lamenta, a giusta ragione, con i partner europei della NATO abituati a lasciare sulle spalle degli USA gran parte dei costi per la loro difesa. In una realtà di blocchi perdono peso gli accordi multilaterali e a lui piacciono i confronti diretti con i più o meno grandi del globo. Spaventa Kim che minaccia di premere il bottone atomico rispondendo che il suo è molto più grosso. Kim – magari un po’ matto ma non scemo – si intimorisce, ma qui Trump, forse anche per mettere fuori gioco la Cina, gli concede l’incontro faccia a faccia. Con questa mossa probabilmente ottiene ciò che i precedenti presidenti in estenuanti negoziazioni non hanno mai ottenuto. Le sue visioni sono a corto termine con un’elasticità (e può darsi miopia) che un potere egemone non si può permettere. Nella storia la decadenza di una grande potenza è sempre stata seguita da guerre, lotte di potere, rimescolamenti di alleanze. Fortunatamente per noi la lotta per il momento si limita alle imposizioni doganali, a dazi che dovrebbero permettere un miglior equilibrio mercantile tra diversi Paesi e sancire la prevalenza di un blocco. Non possiamo entrare nel dettaglio ma non dobbiamo lasciarci troppo impressionare da questi contrasti dove l’unica cosa certa è che tutti hanno torto e sono spesso in malafede. E non dobbiamo stupirci se Trump al contempo propone di abolire i dazi. Le decadenze non hanno tempi brevi, le sorprese possono essere molte come pure i momenti difficili. È comunque importante rendersi conto che Trump è incosciente interprete di una tale fase per giudicare, più freddamente e non influenzati dall’antipatia per la persona, le sue mosse e impostare ciascuno a suo livello le proprie politiche.

Tito Tettamanti