Il 51enne Marcello Bruzzese originario di Rizziconi, comune della provincia di Reggio Calabria, fratello di un collaboratore di giustizia appartenente alla famiglia dell’’ndrangheta, è stato ucciso con 30 colpi di pistola calibro nove da due spietati killer a volto coperto. I due lo hanno atteso in pieno centro storico di Pesaro la sera di Natale mentre stava parcheggiando la sua auto in garage. Un grave fatto di cronaca con le modalità inquietanti di un agguato premeditato di chiaro stampo mafioso.

Pesaro, piccola città marchigiana che affaccia sulla costa italiana dell’Adriatico, è rimasta sconvolta e spaventata per un fatto che nessuno avrebbe mai immaginato da quelle parti. Un fatto tra l’altro delicato, in quanto la persona uccisa viveva insieme alla famiglia in un appartamento del centro preso in affitto dal Ministero dell’Interno perché era sotto protezione delle forze dell’ordine come prevede la legge italiana sui familiari dei collaboratori di giustizia.

Il 25 dicembre non è una data casuale, ma è una data simbolica usata dalle cosche mafiose di Reggio Calabria, proprio per far soffrire maggiormente i superstiti in una giornata di festa.

Tempo addietro, la famiglia Bruzzese è stata alleata per molti anni alla potente cosca calabrese del boss Teodoro Crea, dedita al traffico delle armi, droga, prostituzione, alle estorsioni e al mercato degli immigrati clandestini. Il fratello di Marcello, Biagio Girolamo, nel 2003 tentò di uccidere Crea tradendo la sua fiducia, ma pur ferendolo gravemente (tanto da costringerlo a vivere sulla sedia a rotelle), non riuscì ad ucciderlo. Da quel momento, visto che la sua vita era segnata, decise di pentirsi iniziando a collaborare con la Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria, e in diverse operazioni, grazie alle sue testimonianze rese durante i processi, ha messo in evidenza anche i legami tra la cosca mafiosa e la politica locale.

Con la sua collaborazione, tutti i suoi familiari aderirono al programma di protezione, compreso il fratello Marcello. Soltanto il suocero non accettò, pagando con la vita questa scelta. Fu ucciso infatti pochi mesi dopo nel 2004. Per gli investigatori questa è la principale pista di vendetta trasversale che viene ritenuta fondata e dunque l’ordine di uccidere Marcello Bruzzese è partito probabilmente dalla Calabria.

La famiglia Bruzzese era sotto protezione dello Stato dal 2008. Dopo un breve periodo iniziale passato a Pesaro, lontano dalle cosche calabresi, Marcello Bruzzese e la sua famiglia vennero trasferiti in Francia, ma nel 2015 tornarono a Pesaro senza anonimato. La misura prevedeva soltanto un sostegno economico dal Ministero dell’Interno in quanto l’uomo non lavorava.

A detta di chi lo conosceva, Bruzzese era considerata una persona gentile e riservata che frequentava abitualmente la chiesa. Non era considerato dagli investigatori calabresi un elemento di spessore, soltanto piccoli fatti dimenticati nel passato. La via dove risiedeva è una strada stretta del centro storico, percorribile in auto solo con autorizzazione comunale. Il pomeriggio tardi di Natale quella strada era deserta, con tutti i negozi chiusi.

Ci sarebbe una supertestimone, una donna di 45 anni che si è trovata faccia a faccia con gli assassini rischiando di essere uccisa anche lei mentre portava il suo cagnolino a spasso. Avendo capito però che non li avrebbe mai riconosciuti, i killer per fortuna sono andati via lasciandola viva.

La donna ha dichiarato di non averli visti prima dell’agguato. Questo significa che gli assassini erano nascosti nella rientranza della casa e hanno atteso che Bruzzese parcheggiasse l’auto in garage. Una volta sentito spegnere il motore sono intervenuti sparando da una distanza ravvicinata senza lasciare scampo alla vittima che è morta sul colpo dentro la sua auto. Gli assassini si sono poi dileguati a piedi, così come probabilmente erano arrivati.

La testimone ha detto anche che non sarebbe in grado di riconoscerli visto che erano al buio e incappucciati.

Nessuno ha visto fuggire a piedi i due killer, tranne le telecamere di sorveglianza.

Gli inquirenti stanno vagliando ora le immagini delle telecamere di sorveglianza di tutta la zona per cercare di individuare gli assassini. A coordinare le indagini dei Carabinieri con i Pubblici Ministeri di Pesaro, Fabrizio Narbone e Maria Letizia Fucci, ci sarà anche Daniele Paci del DDA (Direzione Distrettuale Antimafia) di Ancona, lo stesso che si occupò dei delitti della banda della Uno Bianca.

Durante la notte, tutti i parenti di Bruzzese inseriti nel programma di protezione e anche quelli più stretti si sono trasferiti in altre città.