Brunei è uno stato situato nel sud-est asiatico, sull’isola di Borneo e confina con la Malaysia. La popolazione è composta per il 67% da musulmani sunniti e nel 2014 nello stato è stata introdotta la sharia. Proprio a causa di alcune leggi fortemente criticabili ora Brunei sta facendo parlare di sé. Dalla settimana prossima infatti, sarà applicata una controversa legge che prevede la pena di morte per lapidazione per chiunque pratichi sesso omosessuale e l’adulterio. E non saranno le uniche leggi a entrare in vigore il 3 aprile: tra le punizioni previste anche il taglio di una mano e di un piede in caso di furto, ma solo se a questo avrà assistito “un gruppo di persone di religione musulmana”.

L’alcool è bandito in Brunei così come si rischiano diversi anni di prigione per aver avuto figli fuori dal matrimonio o per non aver pregato il venerdì. Le ultime leggi tuttavia hanno preso una piega ancora più estrema e vanno a colpire pesantemente soprattutto gli omosessuali. Le relazioni gay erano già punibili con il carcere ma ora chi trasgredisce e ha rapporti sessuali con persone dello stesso sesso rischia la pena capitale per lapidazione, una novità che le associazioni per i diritti umani hanno fortemente contestato. Rachel Chhoa-Howard, ricercatrice di Amnesty International esperta nel Sudest asiatico, ha dichiarato in merito alla nuova normativa: “Oltre a imporre punizioni crudeli, inumane e degradanti, limita in modo evidente la libertà di espressione, di credo e di religione nonchè legalizza e codifica la discriminazione contro donne e ragazze. Legittimare sanzioni così crudeli e disumane è spaventoso: Ha poi aggiunto che alcuni reati presi in considerazioni non dovrebbero neanche essere considerati tali compreso il sesso consensuali tra adulti dello stesso sesso.

È stato il sultano Hassanal Bolkiah a voler introdurre la sharia nel piccolo paese sud-asiatico. Il leader è al potere dal 1967 ed è uno dei più ricchi capi di stato al mondo: vanta un patrimonio personale di più di 20 miliardi di dollari. Secondo lui l’introduzione del nuovo codice penale che prevede pesanti punizioni corporali è “una grande conquista”.

Nonostante l’austerità delle leggi religiose da lui volute, il sultano è stato coinvolto in uno scandalo riguardante lo stile di vita decisamente poco islamico di suo fratello, principe Jefri Bolkiah che ha sottratto 15 milioni di dollari dalle casse dello stato durante il suo mandato. Una serie di casi giudiziari ha portato alla luce degli harem di mistress straniere gestiti da Jefri, acquisto di automobili costose, sculture erotiche e uno yacht di lusso, dal pittoresco nome “Tits”.