L’Australia ha varato una legge che prevede una multa sino al 10 per cento del loro fatturato annuale a danno delle aziende dei Social Network che approvano la pubblicazione di contenuti violenti, nonché il rischio, per essi, di tre anni di carcere, se non rimuoveranno, in un tempo ragionevole, i suddetti contenuti.

A meno di un mese dall’attacco alle due moschee di Christchurch, in Nuova Zelanda, quando il video girato dall’attentatore stesso, girato in diretta streaming, era stato rimosso appena 12 minuti dopo la sua conclusione. 

Il pensiero va anche immediatamente alle due turiste scandinave violentate e decapitate da terroristi islamici in Marocco, lo scorso dicembre, il cui video dell’uccisione era stato propagato dalle reti islamiste, mostrandone la barbara uccisione. Per la rimozione del video stesso, era dovuto passare, invece, molto più tempo.

Il governo conservatore australiano ha così previsto il carcere per i dirigenti social (Facebook in primis) che approveranno, con taciuto assenso, contenuti incitanti all’odio, o riprendenti violenze. Tuttavia, se sia meglio chiudere gli occhi di fronte alle violenze del mondo, sacrificando la consapevolezza alla sensibilità, è un problema che resta aperto.