London, Bloomsbury, Great Russel Street, British Museum, Piano terra, sala 18. 80 metri in lunghezza di pura, sublime bellezza. Sono i marmi del Frontone e del Fregio del Partenone, costruiti da Fidia e la sua scuola nel V secolo A C, l’età d’oro di Atene, nell’era del legislatore Pericle.

Sino allo scorso diciannovesimo secolo svettarono dall’alto del bianco tempio dedicato ad Athena parthenos, fanciulla.

I due frontoni rappresentano il giorno, il carro di Febo, il risveglio degli Dei, tra cui Dioniso, Afrodite e Dione; mentre i due fregi laterali la lotta degli ateniesi contro le mitiche amazzoni (Amazzonomachia, le quali volevano riprendersi la loro regina Ippolita, sposata all’Ateniese Teseo, la quale morì però nella battaglia) e la lotta tra i greci e i centauri (la ragione contro l’irrazionale, Centauromachia.)

I frontoni furono mutilati dai turchi, quando conquistarono la Grecia nel XV secolo, poiché troppo “lascivi” secondo la concezione islamica, pur tuttavia resistendo alle insidie del tempo e degli uomini, come quando, nel 1690, la galera veneziana di Nestore Morosini colpì con un cannone l’Acropoli: il fatto sarebbe stato di certo meno grave se i turchi non avessero riempito il tempio in una polveriera, che ne provocò l’esplosione.

Poi, nel 1860, l’archeologo Lord Elgin, per conto di Sua Maestà la Regina Vittoria, prese di colpo i fregi e letteralmente li staccò: da allora sono ben protetti nel cuore di Londra, nel museo che ospita la collezione di reperti archeologici più grande al mondo e che ora rischia di essere privato del suo più grande ed importante cimelio:

Il nuovo, primo ministro greco, Mitsotakis, è ripartito infatti alla carica, chiedendo a gran voce che la negoziazione tra Londra e Atene venga riaperta e che i marmi vadano alla loro madrepatria. resta da vedere come reagirà Boris Johnson, di certo più impegnato con la trucida impresa parlamentare della Brexit che per pensare alla dislocazione di importantissimi marmi.