Altre persone sono state uccise in nuovi scontri con le forze di sicurezza in Iraq, dopo l’inizio del secondo giorno delle proteste antigovernative che si sono estese a livello nazionale. Nella capitale Baghdad, i manifestanti con volto coperto per proteggersi dai gas lacrimogeni hanno intensificato rapidamente la violenza.

Le forti proteste populiste si concentrano sulla corruzione, sulla mancanza di posti di lavoro e sui servizi sociali di base, oltre alla richiesta di dimissioni dell’attuale governo salito al potere dopo la progressiva uscita di scena degli americani. Giovani e disoccupati sperano in una vita migliore e le proteste non hanno eguali nella storia dell’Iraq, con manifestanti prevalentemente musulmani sciiti che respingono l’intera istituzione politica e religiosa sciita filoiraniana accusata di aver portato negli ultimi 16 anni il paese alla povertà.

La scorsa settimana la gente aveva iniziato a fare scorta di cibo e acqua prima dell’inizio delle proteste che si stanno rilevando le più sanguinose in tre settimane di disordini. Il paese è stato invaso da un’ondata di ribellioni senza precedenti negli ultimi giorni con migliaia di manifestanti scesi in piazza determinati a ribaltare l’ordine politico che è stato messo in atto dopo la caduta di Saddam Hussein nel 2003.

Proteste simili all’inizio di questo mese sono state violentemente represse dalle forze di sicurezza con una dura reazione usando munizioni e provocando la morte di quasi 150 persone. Un rapporto governativo ha riconosciuto che le autorità hanno usato la forza in modo eccessivo per reprimere i disordini. La violenza è divampata di nuovo questo sabato nonostante gli appelli dei leader delle proteste alla moderazione e a concedere una tregua per dare il tempo al governo di rispondere alle richieste del popolo.

Il primo ministro iracheno Adil Abdul-Mahdi, nel tentativo di placare i manifestanti, si era rivolto venerdì ai manifestanti annunciando un’altra serie di riforme tra cui il taglio degli stipendi degli alti funzionari, la formazione di un tribunale speciale per perseguire i funzionari corrotti e un rimpasto del governo. Ma la gestione di queste proteste da parte del governo ha alimentato ulteriormente il malcontento. L’impegno di astenersi dall’uso della forza è svanito nella giornata di venerdì con le forze di sicurezza che hanno sparato gas lacrimogeni contro i manifestanti, uccidendone anche alcuni.

Una giovane donna manifestante con il volto coperto per rimanere nell’anonimato urlava: “Siamo stanchi! Stiamo morendo! Perché ci stanno sparando? Sono peggio di Saddam!”. Il crescente sentimento nazionalista porta i manifestanti a chiedere la fine dell’influenza dell’Iran in Iraq. “Fuori, fuori l’Iran, Baghdad rimane libera!”, cantano i manifestanti durante le proteste.

I partiti politici che hanno stretti legami con l’Iran controllano la maggioranza del parlamento e le loro ali armate sono state formalmente integrate nell’apparato di sicurezza iracheno. L’uso della forza non sembra frenare quest’ondata di protesta, bensì sta aumentando la determinazione dei manifestanti a far cambiare la linea politica. Dall’altra parte però si scontrano con la determinazione del governo a non dimettersi e a non indire nuove elezioni anticipate.

Secondo la commissione irachena per i diritti umani, sale a oltre 200 il bilancio delle vittime. L’attuale situazione ha imposto il coprifuoco da parte del governo che teme una possibile guerra civile.