Il ministro dell’Interno turco, Süleyman Soylu, ha dichiarato di aver iniziato a deportare nei loro paesi di origine membri stranieri dello Stato Islamico tenuti in custodia anche nei casi in cui essitono le condizioni di apolidia.
La Turchia ha ripetutamente criticato i paesi occidentali per aver rifiutato di rimpatriare i loro cittadini partiti per unirsi al gruppo dei militanti dell’Isis in Siria e in Iraq detenuti oggi nelle prigioni turche, e per aver tolto loro la cittadinanza. Il ministro Soylu ha lasciato intendere che la Turchia non è un albergo per i Jihadisti stranieri.
Un cittadino americano è stato già rimpatriato e altri sette cittadini tedeschi verranno espulsi la prossima settimana. Inoltre, sono state avviate le procedure legali per espellere due cittadini irlandesi, 11 francesi e tre danesi. Non sono stati forniti il numero totale e la nazionalità di coloro che il ministero turco sta pianificando di rimandare a casa. Si parla di circa 2’500 militanti, la maggior parte dei quali devono far ritorno nell’Unione europea, oltre a 287 persone, tra cui donne e bambini, catturate a seguito dell’invasione di Ankara nelle zone della Siria che erano detenute dai curdi. Dopo il ritiro delle truppe statunitense, la Turchia ha lanciato all’inizio di ottobre un’offensiva contro i combattenti curdi che agiscono al confine con la Siria considerati terroristi.
Diversi paesi europei hanno privato i combattenti dell’Isis della loro cittadinanza per impedire il loro ritorno, lasciando legalmente sul terreno molti apolidi e creando qualche problema per Ankara. Esistono con la Turchia rigorosi protocolli di rimpatrio che consentono il rientro dei terroristi a determinate condizioni per evitare qualsiasi ritorno non autorizzato e il più delle volte fatto di nascosto o reso pubblico molto più tardi. Dunque molto difficile da applicare ad alcuni cittadini stranieri. La Convenzione di New York del 1961 sulla riduzione alla apolidia, ad esempio, non è stata mai ratificata da alcuni paesi europei, tra cui la Francia e il Regno Unito. “La Turchia li estraderà qualunque cosa accada”, ha detto il portavoce del ministero Ismail Catakli.
Sono circa 90 mila le persone detenute dalle forze curde nella Siria settentrionale. L’offensiva Turca sta suscitando una forte preoccupazione tra gli alleati occidentali per il destino di questi prigionieri che hanno legami con l’Isis. I curdi avvertono che questa offensiva rischia di ostacolare la lotta contro lo Stato islamico e favorire la sua rinascita.