Ho conosciuto il professor Vinceti pochi giorni or sono, esattamente il 6 agosto.

Era in corso l’attribuzione dei premi ISPEC ad opera del professor Davide Rossi. Silvano Vinceti era tra i laureati. Nel cuore del misterioso Rivellino, immerso nella penombra, ascoltavo la sua voce appassionata evocare la vita e le opere dei tre sommi Maestri, a cavallo tra l’estremo Medioevo e il Rinascimento.

Presto ebbi il suo nuovo libro tra le mani (ma ne ha scritti molti) e quella sera nacque l’idea di realizzare un’ampia intervista.

A cura di Francesco De Maria.

 

Francesco De Maria  Perché ha sentito il bisogno di scrivere questo libro? Solo per celebrare uno sfolgorante anniversario, mezzo millennio tondo tondo?

Silvano Vinceti  La ricorrenza dei 500 anni della morte di Raffaello ha avuto una sua influenza ma era da anni che pulsava dentro di me il desiderio di pensare e scrivere un libro di confronto e incontro fra i tre grandi del Rinascimento.

Qual è l’idea centrale del libro e in che cosa consiste la diversità del suo approccio?

Si tratta di una semplice idea dimenticata nel processo di frantumazione della realtà e dell’uomo prodotto dalle varie scienze. La parola artista è il risultato di una convenzione linguistica e di una costruzione di identità fittizie. Esiste l’uomo Raffaello, l’uomo Leonardo e l’uomo Michelangelo, inseriti nel dinamico contesto storico,sociale, culturale. Solo se si ricompone la loro totalità di persone e si ricolloca la dimensione artistica come una delle varie che compongono la loro esistenza si può riportare alla luce la miriade di influenze che hanno inciso sulla loro arte. Posto questo punto di partenza cambia radicalmente l’approccio ed emerge la nuova polarità fra la grandezza dell’uomo e la grandezza dell’artista.

Che sentimenti ha provato quando ha presentato la sua opera nel cuore stesso del Rivellino? Leonardo la guardava dall’alto?

E’ stata una esperienza ricca di emozioni saltellanti e variopinte. Essere in quel luogo realizzato da un disegno di Leonardo, (pur se vi sono tesi diverse) e presentare il libro in cui Leonardo è uno dei protagonista ha fatto sgorgare in me una intensa emozione accompagnata da altre per il premio cultura ricevuto e per la prima presentazione del libro.

Per il suo libro lei si è scelto dei giganti… Questi colossi dell’arte vengono per così dire messi a confronto tra loro ma – e questo è importante – non solo sull’arte. Sulla vita sociale e sulla vita di corte. Sugli affari. Sulla religione. Sulla politica. Si potrebbe dire: un confronto a 360 gradi!

Esatto, solo se si ricompone nella interezza la loro vita, l’ambiente in cui sono cresciuti, si sono formati, gli eventi personali e sociali che hanno attraversati , si è in grado di comprendere e ricostruire i loro diversi stili pittorici, le scelte contenutistiche, il modo di intendere il nuovo ruolo dell’artista e dell’arte in quel periodo storico.

Lei si occupa anche della sessualità di questi sommi maestri (che non erano affatto puri spiriti). E parla di omosessualità, come ipotesi, sospetto o certezza. Com’era vista questa condizione dalla società dell’epoca? Era accettata? Tollerata? Punita?

Credo che si debba fare chiarezza sull’uso del termine – omosessualità- che si ha oggi, rispetto a termini corrispondenti in uso del periodo umanistico- rinascimentale. In quella società , in particolar modo nella città di Firenze, la sodomia era discretamente tollerata a differenza di altre città italiane. Le ragioni non sono solo riconducibili ad una particolare cultura politica e giuridica che si nutriva, dopo il grigio periodo medievale, dello spirito umanistico e della nuova bandiera della libertà. Le radici che componevano l’albero culturale della -discreta tolleranza- nei riguardi della sodomia erano imbevute del neo-platonismo Ficiano che faceva della bellezza fisica una delle vie per elevarsi alla bellezza divina. Una concezione che elevava l’omosessualità a un rapporto platonico intriso di elementi mistico-religiosi. Sicuramente Michelangelo incarnò tale concezione. Fanno testo le sue infiammate lettere d’amore verso il giovane Tommaso Cavalieri. Diversa questione è per Leonardo dato il suo atteggiamento scettico-critico nei riguardi di molti capisaldi del Neo-Platonismo. Non è dato sapere se egli condivideva questa visione della sodomia sublimata spiritualmente. Non disponiamo di dati storici, imbevuti di una certa oggettività per sostenere che Leonardo ebbe rapporti carnali con alcuni suoi allievi, in particolare con Gian Giacomo Caprotti detto il Sali. Per Raffaello l’interrogativo sulla sua possibile omosessualità sembra non esistere, almeno stando alla documentazione storica e ad alcuni elementi della sua biografia.

Quale fu il rapporto di ognuno di questi geni con il denaro?

Diverso fu il rapporto con il denaro dei tre giganti del Rinascimento. Raffaello diede grande importanza al denaro, fa testo il modo industriale della organizzazione della sua bottega artistica romana. Si avvalse di esso per il suo modo di vita edonistica e raffinata. Se ne servi per assumere uno status socio-economico privilegiato. Leonardo non disdegnava il denaro, amava vivere elegantemente e attorniato da una discreta servitù. Principalmente aveva bisogno di risorse finanziarie per garantire la vita della sua Accademia dato che molti giovani che ne facevano parte vivevano grazie ai sussidi messi a disposizione dal Vinciano. Non accumulò né proprietà, né risorse finanziarie; fa testo il suo testamento. Michelangelo è un caso a parte, era molto attaccato al denaro, lo investì con sagacia e abilità. Accumulò una buona quantità di denaro ma visse sempre in modo frugale. Interessanti sono le lettere rivolte ad alcuni suoi amici in cui si lamenta dei mancati pagamenti del Papa Giulio II. Non era tirchio e con la sua famiglia, pur se con oscillazioni, in alcuni casi fu munifico.

Quale fu il rapporto di ognuno di questi geni con il potere politico?

Raffaello, cresciuto nella corte di Montefeltro caratterizzata da una forma politica di natura monocratica. Formatosi secondo una cultura cortigiana, abile tessitore di relazioni seducenti e accattivanti con i committenti di maggior taratura , ebbe un rapporto con committenti laici e in particolare con il Papato di natura mercenaria. Era discretamente indifferente alla politica Papale, interessato ad ottenere commesse e considerazione. Leonardo, nei riguardi dei suoi committenti, laici, ordini religiosi, personaggi come Ludovico il Moro, manifestò un comportamento oscillante, venato da tendenze cortigiane, in parte opportunistiche a braccetto con una sua autonomia culturale e morale che manifestò in opere di critica al Papato e al Cattolicesimo come l’ultima cena, la vergine delle Rocce, ed in particolare con il suo ultimo dipinto, il San. Giovanni Battista. In Michelangelo convivono diverse fasi, quella incarnata da una cultura politica repubblicana che trova la sua espressione topica nel David, nel suo breve impegno politico per la restaurazione della Repubblica fiorentina dopo che venne deposto un Medici (periodo 1527- 1530 circa). Con il Papato, in particolare con Giulio II e Leone x, espresse in comportamenti e nelle opere della Cappella Sistina, la sua avversione per il tradimento verso i comandamenti divini e la vita e l’insegnamento di Cristo.

Accanto a sublimi artisti grandi papi dominavano la scena: Alessandro VI, Giulio II, Leone X, eccetera. Quali furono le più strette e coinvolgenti relazioni tra i giganti dell’arte (uno alla volta) e un papa regnante?

In parte ho risposto nella domanda precedente. Posso solo aggiungere che a differenza di Raffaello e Michelangelo, Leonardo non ebbe nessun rapporto con Alessandro sesto, Giulio II. Solo uno flebile con Leone x, mediato dal fratello del Papa, Giuliano de’ Medici. Lo stesso che lo chiamò a Roma nel settembre del 1514. Raffaello ebbe stretti legami con Giulio II e ancor più con Leone x. Michelangelo, data la sua lunga vita, ebbe rapporti con molti Papi ma non modificò il suo atteggiamento di autonomia e di salvaguardia della sua personale dignità di uomo e di artista.

Il genio io lo immagino consapevole della sua eccezionalità. I nostri geni furono umili o superbi?

Tutti erano nell’intimo consapevoli della loro superiorità rispetto ai loro simili. Raffaello per la sua personalità affabile, ricettiva, flessibile e diplomatica non ebbe mai comportamenti arroganti nei riguardi degli altri artisti, nemmeno nei confronti di Leonardo e Michelangelo da cui aveva appreso molte cose. Diversa musica si dispiega da Leonardo nel rapporto con Michelangelo, segnato da una diversa concezione della forma d’arte suprema, per lui, la pittura, per Michelangelo, sostanzialmente, la scultura anche se ebbe un ravvedimento relativo connesso alle opere realizzate nella Cappella Sistina. Sicuramente Michelangelo, personalità, spigolosa e orgogliosa, fu quello che manifestò se non superbia, la consapevolezza di una sua superiorità come artista e come architetto.

Dalla nascita di Leonardo (1452) alla morte di Michelangelo (1564) intercorrono esattamente 112 anni. Raffaello morì giovane, Leonardo vecchio, Michelangelo vecchissimo. Dopo la morte di Raffaello (e di Leonardo) Michelangelo visse per altri 44 anni. Le esistenze si sovrappongono solo in parte…

Si sovrappongono o si intrecciano solo in parte. L’esistenza di Michelangelo è collocata all’interno di storici eventi che incisero fortemente sulla storia del Papato con conseguenze sociali, culturali, etiche, valoriali e comportamentali. Solo Michelangelo visse nel periodo segnato dalla diffusione del protestantesimo, dallo scisma e dall’indebolimento del papato, dai tribolamenti interni alla Chiesa Cattolica Romana fra innovatori e conservatori. Solo lui sperimentò gli effetti della contro-riforma (vedi il Giudizio Universale). Solo lui fu il testimone e protagonista del lento esaurimento del realismo artistico rinascimentale e suo superamento, che lo vide protagonista con la sua ultima opera : la pietà Rondanini, dove la sua soggettività domina sulla fedeltà al realismo seguito da Raffaello e pur se con accenti e sfumature diverse da Leonardo.

Naturalmente non può mancare il mistero della morte di Raffaello. Quanto è fondata l’ipotesi del veleno?

La morte per avvelenamento di Raffaello, in quanto ipotesi, non ha la pretesa di verità storica e di piena oggettività. Ho richiamata una serie di morti eccellenti causate dall’uso molto diffuso dell’arsenico per eliminare una persona scomoda o un avversario. Ho richiamato il contesto in cui nuotano, latenti o palesi, forti motivazioni per avvelenare il – Divino Raffaello -. Sarà poi il lettore ha soppesare la consistenza degli argomenti che porto e farsi una sua opinione; sempre se leggerà il mio libro!

Al termine del volume lei s’interroga sulla modernità di questi geni. Si potrebbe osservare (considerazione abbastanza scontata) che l’arte è eterna e dunque per forza anche moderna. Ma qual è la sua risposta profonda?

Personalmente il termine – eterno- non fa parte del mio vocabolario culturale, filosofico e delle mia concezione delle opere d’arte e della loro temporalità o non temporalità. Il capitolo sulla modernità e attualità dei tre giganti ha uno scopo circoscritto e modesto, mettere a disposizione del lettore, in chiave descrittiva e comparativa, le innovazioni che Raffaello, Leonardo e Michelangelo apportarono, non limitandomi alla loro dimensione artistica ma assumendoli nella loro totalità di uomini. Mi sono attenuto rigorosamente al significato letterario della parola “moderno” e “attuale”, liberandoli da contaminazioni di valori e di riflessi ideologici. Moderno come rottura e superamento di alcuni aspetti legati a una tradizione. Attuale come qualche cosa che nel nostro presente è vivo o non ancora pienamente realizzato.

Per ognuno dei Tre grandi, nomini un’opera sublime, una sola!

Si tratta di una scelta in cui si intrecciano e convivono mie personali convinzioni e valori, con elementi che vestono una certa oggettività. Altri storici o critici dell’arte a seconda dei loro criteri e approcci evidenzieranno altre opere . Non essendomi attenuto al dominante criterio di natura estetico-artistica ma ad uno incentrato sulla innovazione rispetto ad una tradizione pittorica e scultorea che va a braccetto con la soggettiva dimensione in cui l’artista comunica in forme palesi o nascoste proprie idee, critiche, auspici e speranze. Premesso tale criterio ne è logicamente conseguita una scelta specifica. Per Raffaello la Madonna della Seggiola, per Leonardo la Gioconda, per Michelangelo la Pietà Rondanini. Nel libro vi sono elencate dettagliatamente le ragioni.

Per concludere, c’è una domanda che non le ho fatto (e che avrebbe desiderato)?

Sì, c’è una domanda che avrei voluto che mi facesse : ” secondo lei chi è stato il più innovatore e geniale pittore del periodo umanistico e rinascimentale…”. Forse l’avrei sorpresa per la risposta : Masaccio. Considerato dalla maggioranza degli storici dell’arte di ieri e di oggi di seconda fascia, al contrario ritengo che in lui pulsò una pura genialità. Morì a 28 anni circa, forse avvelenato. Non era di Firenze, non frequentò nessuna bottega fiorentina, a differenza dei nostri tre eroi. L’unico maestro fu il nonno che dipingeva cassapanche per matrimoni. Giunse da San. Giovanni Valdarno a Firenze, nei primi decenni del 1400. Fa parte della prima generazione dei grandi dell’umanesimo artistico e della architettura , come Donatello e Brunelleschi. Fu il primo a realizzare la prospettiva in una opera pittorica, il primo a tradurre il realismo dei corpi nella loro integralità, il primo a raffigurare un corpo che trema , le ombre di corpi. Il primo a sviluppare il chiaro-oscuro e la espressività corporea. Un consiglio a chi leggerà questa intervista: se andate a Firenze non potete non visitare gli affreschi presenti nella cappella Brancacci della chiesa di Santa Maria del Carmine. Se ci siete già andati bene, molto bene.

Esclusiva di Ticinolive