La Bielorussia è stata scossa negli ultimi due mesi da grandi manifestazioni di massa contro la rielezione autoritaria del presidente Alexander Lukashenko che continua a mantenere il potere con un sesto mandato dopo 26 anni di comando con pugno di ferro.

Una nuova azione di sciopero ha avuto inizio alla fine dell’ultimatum a dimettersi entro la mezzanotte di domenica, fissato dalla leader della protesta Svetlana Tikhanovskaya, ignorato da Lukashenko.

La 38enne Tikhanovskaya è considerata l’effettiva vincitrice delle elezioni presidenziali del 9 agosto scorso. Dalla Lituania, dove si trova in esilio per garantire la propria incolumità, ha sollecitato lo sciopero e presentato tre richieste: le dimissioni di Lukashenko, la fine della violenza della polizia e il rilascio dei prigionieri politici.

Ma Lukashenko non dà alcun segno di ascolto. In tutto il paese, lavoratori e studenti hanno iniziato lo sciopero nazionale come ulteriore dimostrazione di sfida, riuscendo a causare disagi in alcune delle più importanti fabbriche esportatrici di prodotti all’estero. Ma l’obiettivo di costringere Lukashenko a sedersi ad un tavolo dei negoziati con uno sciopero a rotazione, non sembra essere raggiunto. Il motivo è che gli scioperi non hanno avuto un numero significativo di partecipanti che si sono uniti per un periodo prolungato negli stabilimenti statali. Gli operai che hanno tentato di scioperare, difatti, sono stati brutalmente attaccati e arrestati dalla polizia antisommossa che ha represso i picchetti.

Oltre 500 persone sono state arrestate a livello nazionale, secondo fonti del ministero dell’Interno. Soltanto in una delle più grandi imprese della Bielorussia (di proprietà dello Stato), la Grodno Azot, fondata nel 1963 dal governo dell’Unione sovietica, produttrice di fertilizzanti e altri prodotti chimici, sono stati arrestati più di 100 scioperanti. Quello di ieri non è stato uno sciopero totale, ma limitato nelle imprese dello Stato che sono in grado però di sconvolgere i bilanci del governo. Nonostante il rischio di arresto, non sono state poche le imprese private e le imprese delle costruzioni che hanno partecipato in modo più sostanziale raggiunti anche da studenti che hanno protestato per tutta la giornata. La vista nelle strade di grandi colonne di manifestanti, hanno dato di nuovo la sensazione che la protesta abbia riacquistato lo slancio che aveva perso negli ultimi giorni. La polizia ha usato proiettili di gomma e lanciato granate assordanti sulla folla terrorizzata, inseguendo i manifestanti e lasciando feriti gravi a terra, ma non è riuscita a soffocare completamente la manifestazione. La protesta di domenica nella capitale, Minsk, è stata una delle più grandi da settimane e ha attirato circa 200 mila persone.

La relatrice speciale all’Nazioni Unite per i diritti umani sulla Bielorussia, Anais Marin, ha chiesto che il governo smetta di reprimere il proprio popolo, affermando che tra agosto e settmbre si sono verificati almeno 20 mila arresti. Inoltre in centinaia di casi i detenuti sono stati denunciati, picchiati, intimiditi e torturati durante la custodia. Il sistema giudiziario bielorusso, conferisce a Lukashenko il potere sulla nomina, mandato e revoca dei giudici e pubblici ministeri. E anche le attività degli avvocati sono strettamente controllate dall’esecutivo di governo che esercita pressioni arbitrarie sui professionisti percepiti come critici nei confronti del governo a causa dei clienti che difendono.

Sia gli Stati Uniti che l’Unione europea hanno respinto le elezioni di agosto in quanto secondo gli osservatori non sono state libere e giuste. Sanzioni sono state introdotte contro i funzionari bielorussi accusati di aver manipolato il voto e la repressione dei manifestanti pacifici. Lukashenko continua comunque a basarsi sul sostegno politico ed economico del suo principale alleato, la Russia, che gli permette di ignorare le richieste di negoziazione.

È il decimo fine settimana consecutivo che i manifestanti marciano per le strade di Minsk nonostante le minacce della polizia di sparare proiettili veri. Le persone hanno da perdere e quindi rimangono intimidite lavorando sotto pressione, ma anche Lukashenko risponde in maniera sempre più nervosa di fronte alle crescenti manifestazioni di massa che dimostrano che la protesta difficilmente si spegnerà.