Cronaca di tracciamenti tardivi e disorganizzazione in epoca Covid

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Questa lunga e dettagliata lettera è interessante e volentieri la pubblichiamo.

Ma chiunque è in grado di vedere il nocciolo del problema. Il caso della signora Margherita Sulmoni – travagliato, insoddisfacente, esteso su parecchi giorni – è UN caso. Quanti ne abbiamo di analoghi? Cento? Mille? Di più? C’è da meravigliarsi che non tutto vada liscio? Io mi meraviglierei piuttosto che la gente non stia andando fuori di testa (qualche avvisaglia si nota…)

La cosa è priva di importanza, ma che cosa avrei fatto io (per il rüüt)? Avrei preso il mio bel sacco rosso, mi sarei messo le scarpe e la mascherina e… …

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Da cittadina, rispondendo all’appello del governo di potenziare la responsabilità individuale, avverto il dovere di raccontare pubblicamente la mia esperienza da positiva al Covid-19, in modo che i mezzi a disposizione delle Autorità per rallentare la pandemia, siano migliorati e possano operare al meglio.
Alcuni servizi sono assenti, il contact tracing presenta delle gravi disfunzioni e lacune e l’innovativa app Swisscovid è, con queste modalità, pressoché inutile.

Tutto ha avuto inizio domenica 29.11 con stanchezza e dolori articolari. L’indomani stavo benissimo, ma su indicazione del medico curante, ho preferito sottopormi all’esame del tampone presso il Checkpoint del Conza. Il personale è stato estremamente scrupoloso ed efficiente e alle 21.00 del medesimo giorno, ho ricevuto la chiamata del medico che decretava la mia positività al virus.

Mi ha precisato che ero in isolamento e che a breve sarei stata contattata dal servizio preposto: il contact tracing. Mi ha poi detto che l’operatore avrebbe stabilito chi mettere in quarantena tra i miei contatti stretti e mi ha raccomandato di stilare una lista di chi avevo incontrato nelle 48h antecedenti i sintomi, per più di 15 min., senza mascherina e a meno di 1.5 m di distanza, sottolineando che unicamente il contact tracing era in grado di definire chi rientrava nel provvedimento di quarantena e che sarebbe stato solo compito di questo apparato avvisare i miei contatti.

Il sentimento da ipotetica “colpevole untrice” tuttavia non mi dava pace, così ho sentito i miei amici, che non presentavano fortunatamente alcun sintomo, rassicurandoli che in poco tempo avrebbero ricevuto la telefonata dal servizio di tracciamento con tutte le indicazioni.

Ho sollecitato più volte l’helpline coronavirus e l’Ufficio del Medico Cantonale, al fine che si stabilissero i provvedimenti ufficiali. Mi sono state fornite informazioni poco esaustive e discordanti a riguardo del fatto se gli eventuali miei contatti ipoteticamente a rischio, avrebbero potuto continuare a recarsi al lavoro con dovute precauzioni, oppure mettersi in autoconfinamento.

ll problema derivante è il seguente: per assentarsi dal lavoro o fare un tampone in assenza di sintomi, è necessario avere una notifica di quarantena da parte dell’autorità, altrimenti i costi sono a carico dell’interessato; l’assicurazione perdita di guadagno non copre, come neppure la cassa malati.

Altra questione che mi faceva sentire inerme e responsabile di un’eventuale propagazione del virus, era il fatto che senza chiamata dal contact tracing, non potevo neppure attivare l’app Swisscovid che avrebbe avvertito tutti gli eventuali sconosciuti che sfortunatamente si erano trovati a rischio nelle mie vicinanze. Senza il codice fornito da loro, l’app non può registrare la positività.

Pervasa da anche una certa paura che la malattia potesse degenerare da un momento all’altro dato che sono asmatica, mi sono vista confrontata anche con i problemi causati dalla gestione quotidiana di un isolamento.

Guardando il mio sacco dell’immondizia già quasi pieno, mi sono chiesta se avessi dovuto mettere in atto qualche protocollo speciale e come avrei potuto fare per depositarlo negli appositi container a 400 m dalla mia abitazione. La competenza della monnezza spetta ai comuni. Ho chiamato perciò il centralino dell’Amministrazione Comunale di Lugano che ha girato la mia telefonata alla Divisione Socialità, la quale mi ha pregata di rivolgermi alla Divisione Spazi Urbani rassicurandomi che proprio qualche settimana prima, la stessa DSU, aveva emanato un comunicato stampa in cui annunciava la messa in auge, tramite dei volontari, di servizi proprio per cittadini nelle mie condizioni. La DSU si è dimostrata sorpresa e mi ha sottolineato che ero la prima persona che si appellava a loro con questo quesito.

Ma come il Ticino è pieno di casi Covid e individui in quarantena, sarà tutta gente che abita in altri comuni? Continuando la telefonata, è emerso che in realtà non era previsto nessun servizio di raccolta rifiuti dedicato e mi ha indirizzato all’Ufficio del Medico Cantonale, il quale non aveva minimamente idea di come affrontare il mio problema perché non di propria competenza e mi ha rimbalzata all’helpline coronavirus i quali nemmeno avevano una soluzione regolamentata.

Tutti gli operatori si sono prodigati in consigli, a titolo personale, ovviamente. Bizzarre soluzioni a mio modo di vedere: c’è chi mi ha consigliato di uscire di notte quando nessuno mi poteva scorgere, chi mi ha proposto di consegnare il mio sacco al vicino, chi di abbandonarlo per il tempo necessario in strada: tutte proposte che ho ritenuto tragicomiche e da non prendere in considerazione, perché oltre che illegali, possono mettere a repentaglio gravemente la salute degli altri.

Finalmente, grazie all’intervento della gentile impiegata della divisione socialità, sono stata chiamata da un’associazione di volontari, i quali necessitavano tuttavia di un momento per potersi organizzare per soddisfare la mia, inconsueta, richiesta.

Da allora non ho più sentito nessuno, fortunatamente sono positiva; ho perso l’olfatto. Ma è davvero una richiesta così strana? Come fanno tutti gli isolati?

Purtroppo, dopo svariati giorni alcune delle persone con cui sono venuta precedentemente in contatto hanno mostrato dei minimi sintomi, finendo poi anch’esse in isolamento.

Dopo 8 giorni, finalmente, la chiamata dal centro di tracciamento, che ha notificato delle quarantene, ormai ridottesi a una mezza giornata, ai miei conoscenti.

Nessuno tuttavia ha voluto approfondire quali erano stati i luoghi da me frequentati, informazione che reputo utile per stabilire eventuali focolai.

Con la persona del contact tracing ho appurato, che nella settimana precedente sono stati riscontrati dei problemi con il nuovo sistema informatico e nella giornata del 7.12 erano impiegati al call center 20 operatori e che purtroppo avevano serie difficoltà a far fronte a tutti i tracciamenti.

Ma quanti altri cittadini sono incappati con queste tempistiche in questo disservizio? Perché non si può aumentare rapidamente il personale, dato che la maggior parte delle persone impiegate è in disoccupazione?

Nessuno ha poi saputo indicarmi con precisione se l’app Swisscovid è in grado di recuperare e avvisare le persone intercettate dal Bluetooth nei 10 giorni che precedono l’attivazione.

Sembra a loro dire più plausibile, che l’app inizi a comunicare con gli utenti a rischio solo al momento dell’inserimento del codice, per cui, se così fosse, da giovedì, giorno in cui posso “tornare in libertà”, manderebbe messaggi di allerta a gente per nulla in pericolo.

Oltre a questo errore, l’app. registrerebbe i miei movimenti come persona positiva, potendomi fare arrischiare un procedimento penale e delle sanzioni che porterebbero l’esborso di qualche biglietto da mille.

A fronte di quanto vissuto mi sento al quanto sconfortata. È più volte stato ribadito dai responsabili e dalle Autorità, che il servizio di contact tracing sarebbe stato potenziato in modo da evitare mal funzionamenti, eppure a mesi di distanza, ci troviamo davanti a situazioni di disorganizzazione totale. L’app e il servizio di contact tracing rivestono un ruolo di importanza primaria in una pandemia. Anche se non sono stati forniti dati, hanno ingenti costi, pagati da tutti i contribuenti, pertanto reputo assurdo, preoccupante e inaccettabile che non siano efficienti e performanti. Com’è possibile che dopo mesi in cui siamo confrontati con questo virus e che la seconda ondata è stata più che preannunciata, siamo ancora in un caos di questo tipo?

Inoltre, a mio parere, i toni autoritari adottati dal Governo, gli inasprimenti sulle limitazioni delle nostre libertà oltre a tutte le accresciute sanzioni, dovrebbero andare di pari passo con condizioni appropriate per le quali il cittadino possa sentirsi adeguatamente tutelato e sorretto. Serve una base solida conforme, al fine che tali messaggi risultino credibili, per poter avere il sostegno e la massima fiducia di tutta la popolazione. È inutile parlare di “più bastonate ai cittadini” che hanno da sempre mostrato grande impegno e solidarietà quando le falle si trovano già all’interno del proprio sistema.

Margherita Sulmoni, candidata PLR al Consiglio comunale di Lugano