Le placente umane contengono plastica. Non come un bicchiere contiene il succo d’arancia, piuttosto come il succo d’arancia contiene le vitamine. Per Antonio Ragusa, autore dello studio e direttore di Ostetricia e ginecologia al Fatebenefratelli di Roma, “è come avere un bimbo cyborg, non più composto solo da cellule umane, ma misto tra entità biologica e entità inorganiche”.
L’idea che un bambino venga nutrito da residui di plastica di bottiglie, smalti per unghie o tracce di cosmetici è spaventosa. Eppure non ci siamo spaventati. I media non l’hanno data con i toni apocalittici che usano quando falliscono le banche o crollano le borse. Invece dovrebbe farci molta paura. Nessuno sa a che livello quelle particelle interferiranno con gli organismi delle prossime generazioni. Se un’indagine si fa su 6 donne e su tutte e 6 si trovano riscontri, allora e molto probabile che quelle microplastiche siano in tutti noi: anche nei bambini in età scolare, nelle donne non gravide, negli uomini. Non siamo ancora cyborg, ma, e con una potenzialità molto più alta della norma, malati oncologici, leucemici, adulti sterili, e non si sa cos’altro.
Tuttavia c’è una riflessione che dovrebbe spaventarci ancora di più. Ed è quella su quanto lontano ci siamo spinti, quanto lontano (da noi stessi e dai nostri interessi di specie vivente) ci ha spinto un sistema orientato eminentemente al mercato e al profitto.
Vi risparmio la menata sul capitalismo che sanno ormai tutti (diritti negati, disuguaglianze e iniquità varie) e sulle stragi legali su cui viaggia il carrozzone del mercato. Tutte le volte si trovano soluzioni tranquillizzanti dove mai questo viene indicato come responsabile. Sono tutte vittorie del Capitalismo sull’umanità, come nel caso del Coronavirus dove la colpa è stata buttata sui pangolini.
Insomma siamo bravissimi a non vedere più in là del nostro naso, come ci ha insegnato il migliore dei maestri, quello che governa questo straccio di pianeta.
Carlo Curti, Lugano