di Franco Cavallero

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Si può non esserlo? Forse, ma a gran fatica e accettando tutte le conseguenze del caso.

Le parole sono importanti. Ad esempio, se uno è analfabeta, si può sempre dire che ha una cultura alternativa.

Se picchia e imbratta? Questa è l’espressione di una socialità alternativa.

Tutto ciò è all’ordine del giorno.

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Leggetela la parola magica, poi dite a un esperto di sociologia e di formazione che volete essere un alternativo. Coglierete da subito un misto di applausi e di soddisfazione. C’è però un amaro tranello: se dite per esempio che volete studiare un certo tema e affrontarlo in uno studio.

Lo vedete, uno studioso ha veramente pochi amici, è solo in un banco. Meglio se arricchite il desiderio in altre direzioni, per esempio studiando i pagliacci, i disadattati e disperati di oggi e di ieri, o quant’altro vi offre la casistica dello specchietto illustrato rinvenuto in Google immagini.Eppure la scuola nacque storicamente come bisogno di studio fin dai teneri anni di età.

Ditemi che non è vero, che è frutto di fisime di vecchi barbogi. Ve lo dico perché non ricordo di aver sentito una sola volta pronunciare in tanti anni la parola “studio” dalle bocche del DECS. In alternativa tante altre, come l’equità che non so cosa sia realmente, se non un minore scarto fra chi studia e chi no. Qui però, stimatissimi luminari, casca l’asino, perché non saprete mai fare una distinzione su questo concetto fondamentale della vita di adulti e bambini.

Non saprete dare nessun consiglio a coloro che ve lo chiedessero. Pronuncerete frasi vaghe, privilegiando quelle del voler “seguire la propria onda”, in conformità ai suggerimenti e alle mode del momento.Questa è la scuola che mi ha deluso, seguita e accompagnata dai moderni concetti di “autogestione”, di cui son piene le gazzette senza prospettiva alcuna.

A un certo piano del Governo e in Viale Portone a Bellinzona dovrebbero pur dedicarvi un po’ delle loro pensose riflessioni.P.S. – Strano che qui da noi ci si strappi i capelli solo per la Svizzera che perde, che non canta l’inno nazionale, senza capire che è fatta di ben altro la bionda aurora che dovremmo contemplare. Nella scuola, permettetemi innanzitutto, con le qualità positive che ormai non sappiamo più dove stiano di casa. Ma nell’elenco senz’altro più che didattico ne vedo solo una, la principale: LO STUDIO. In realtà è semplicemente obliterata.