L’economia italiana al tempo della pandemia (seguito). La prima parte si legge QUI

ECONOMIA ITALIANA AL TEMPO DEL VIRUS

Francesco Pontelli In più dal 2015 in poi la spesa pubblica risulta esplosa anche grazie ad iniziative come gli 80 euro del governo Renzi, al reddito cittadinanza  e quota 100 del governo Conte 1.

Dall’inizio della pandemia ad oggi l’Italia ha registrato  altri 25 punti di debito pubblico arrivando ad oltre il 160% e si avvia con i nuovi finanziamenti (non tutti ma buona parte a debito) a raggiungere i 185 190% del debito pubblico  sul PIL. In questo contesto la crisi ha colpito maggiormente la distribuzione non alimentare (anche se parallelamente i consumi in generi alimentari  risultano diminuiti del 5%) mentre quelli per i consumi non alimentari si è registrata una  flessione  di oltre 123 miliardi pari ad una diminuzione del 10,1% dei consumi (valore medio ma che per il tessile  l’abbigliamento è stato del 26% e per la ristorazione del 43%) e di oltre il 9% del Pil .

Distribuzione turismo, settore fiere e Wellness come ristorazione e arte/spettacolo sicuramente assieme alla filiera tessile abbigliamento ma anche le piccole realtà artigianali come le birrerie sono quelle che hanno pagato i conti più salati per i quali le risorse destinate anche nel nuovo piano PNRR le risorse a loro destinate risultano minimali se non addirittura assenti.

Si avverte chiara l’impressione che le risorse che l’Unione Europea sta destinando al nostro paese rappresentino l’ennesima occasione per irrigare i propri giardini elettorali da una parte e per affermare la centralità delle proprie competenze come nella digitalizzazione e nella transazione ecologica i cui termini risultano ancora non definiti. L’approccio è sempre quello purtroppo legato al teorema che individua una nuova infrastruttura come un “Fattore di sviluppo e di domanda aggregata ”   (valido solo nel settore turistico).

Viceversa una infrastruttura diventa ed assume le caratteristiche di un fattore competitivo  per le imprese di determinati distretti se rispondono ad una domanda preesistente : considerazioni  fondamentali per individuare le stesse  zone di intervento . Molto minore risulta, quindi, il loro impatto  economico quando vengono intese come offerta  di un  sviluppo  di domanda potenziale inespressa rispetto alla configurazione di una  risposta ad una domanda già esistente. 

Risulta amaro constatare come ancora una volta non si riscontri nella destinazione di queste risorse straordinarie  nessun riferimento concerto  finalizzato al  sostegno di una politica fiscale di vantaggio per incentivare il reshoring produttivo  e tantomeno per ridurre la filiera produttiva. Risulta ignorato altresì  l’obiettivo di riportare ad un livello sostenibile la fiscalità tanto per le imprese, i lavoratori come per i carburanti.

In altre parole non esiste alcuna  forte attenzione al settore che ha mantenuto in piedi l’intera economia italiana cioè quello industriale perché la digitalizzazione interviene come  innovazione di processo e molto meno sulla attrattività di investimenti. Questi ultimi risultano molto più sensibili a politiche di incentivazione fiscale come all’efficienza della pubblica amministrazione e della giustizia.

Il Coronavirus ha sconvolto le nostre vite. Uno può credere a tutte le verità ufficiali, oppure negare tutto (i cosiddetti “negazionisti”). Ci potrebbe essere una ragionevole posizione intermedia?

La pandemia ha dimostrato ancora una volta come non esista una categoria professionale  privilegiata esente dal fascino delle luci attrattive della ribalta. La scienza di fronte ad una pandemia così sconosciuta da una parte ha reagito con le proprie risorse : mi riferisco al settore industriale farmaceutico che ha in pochi mesi creato dei vaccini che ci stanno portando fuori da questa emergenza. 

Tornando, invece, al fattore umano chi ne esce a pezzi è il mondo dei virologi nel loro complesso ovviamente con le dovute eccezioni. Presenzialisti narcisisti egocentrici e presuntuosi hanno calcato ogni trasmissione televisiva togliendo spazio al lavoro di ricerca per il quale vengono pagati esponendo senza timore “verità scientifiche” inconciliabili tra loro aumentando la confusione già espressione del momento straordinario. 

In relazione, poi, all’atteggiamento  dei negazionisti questi rappresentano una posizione legittima, che francamente non condivido,  in quanto credere nell’evoluzione della scienza, come la storia dimostra,  rappresenta anche un atto di fiducia nei confronti dell’evoluzione umana. Il negazionismo di questi ultimi tempi di fatto nega questa possibilità di evoluzione non solo nella sanità.

La pandemia ha messo in crisi le compagnie aeree, ma Alitalia era già in crisi molto prima. Quali sono le prospettive di sopravvivenza per la compagnia di bandiera?

Alitalia rappresenta l’emblema della mediocrità di una classe politica la quale da oltre 20 anni a questa parte ha scelto azionisti e manager alla guida della compagnia di bandiera i quali sono riusciti addirittura a farsi condannare a 8 anni (Cimoli) senza che questo avesse nessuna conseguenza per la maggioranza che lo nominò.

Alitalia nella sua storia è costata 11,8 miliardi per mantenere una riserva  di privilegiati con stipendi superiori alla media, gestiti da una pletora di manager che hanno svenduto i vettori aerei, solo per offrire un esempio, per poi pagarne un leasing ingiustificabile. Alitalia rappresenta  una sacca  di privilegi manageriali e gestionali i cui benefici risultano molto spesso a vantaggio di piccoli potentati locali e romani ma i cui costi vengono sostenuti dell’intera comunità. L’emblema della disonestà intellettuale manageriale applicata ad una società in un ambito  concorrenziale.  Solo per fare un esempio. Lufthansa ha ricevuto dal governo Merkel in considerazione della terribile situazione delle compagnie aeree 9 miliardi di aiuti governativi per 135.000 dipendenti e 268 velivoli. Il piano di “rilancio” di Alitalia prevedeper poco più di 4.500 dipendenti e 48 velivoli tre miliardi di risorse. Dai circa 66.000 euro del governo tedesco  di Angela  Merkel riconosciuti a dipendente si passa agli oltre 660.000 euro  che il governo italiano destina  alla compagnia italiana per  dipendente. Che altro aggiungere? (continua)