Notizia flash: le Piramidi di Giza sono state costruite dagli extraterrestri! Ma anche no, oppure si. Questa, a altre ipotesi abbastanza tirate per i capelli, sono proposte dalla “pseudo-archeologia”, una disciplina pseudoscientifica che propone spiegazioni ultraterrene all’esistenza di manufatti e leggende delle civiltà del passato. Da Robert Charroux e W. Raymond Drake fino ai più conosciuti Peter Kolosimo ed Erich Von Däniken, la teoria secondo cui le Linee di Nazca, i complessi megalitici come Stonehenge e, appunto, le Piramidi di Giza sarebbero opera di intelligenze extraterrestri hanno popolato l’immaginario collettivo. Pubblicazioni a fumetti come Martin Mystere della Bonelli hanno visitato queste teorie, come pure serie anime come Capitan Harlock e televisive come Doctor Who. Ma, é lecito chiederselo, chi ha avuto per primo questa idea? Per capirlo dobbiamo fare un viaggio a ritroso nel tempo, quindi attiviamo il flusso canalizzatore e raggiungiamo le 88 miglia orarie…

Nel 1897 il romanzo di H.G. Wells The War of the Worlds (La Guerra dei Mondi) viene pubblicato a episodi su Pearson’s Magazine nel Regno Unito e da Cosmopolitan negli Stati Uniti. Primo esempio di fantascienza di invasione da parte di uno scrittore che ha trattato i viaggi nel tempo (The Time Machine), i mutanti creati in laboratorio (The Island of Doctor Moreau) e in seguito i viaggi spaziali (The First Men in the Moon), gli universi paralleli (A Modern Utopia, Men Like Gods), l’invisibilità umana (The Invisible Man) e i rapimenti da parte di extraterrestri con relativi esperimenti (Star Begotten), ha un successo  enorme, tanto da non essere mai stato fuori stampa da allora.

Critica dell’imperialismo britannico ed europeo in generale, il romanzo introduce alcune novità importanti nel mondo della fantascienza: a parte le invasioni aliene ricordiamo le armi a energia diretta (Heat-Ray) e i mecha (Fighting Machine, i “tripodi” marziani). Il contributo del romanzo di Wells alla letteratura fantascientifica e alla cultura popolare si sarebbe forse limitato a questo (che è già tanto), non fosse che servì ad ispirare un autore meno conosciuto ma, per la sua influenza sul genere, altrettanto importante: Garrett P. Serviss.

Nato nello stato di New York nel 1851 Garrett Putnam Serviss, astronomo di professione e avvocato rigorosamente non praticante, aveva lavorato con il New York Sun come giornalista dal 1876 al 1892. Dimostrando un talento innato nello spiegare i principi della Scienza ad un pubblico totalmente a digiuno di educazione, come lo era la maggior parte della gente in quel periodo, nel 1894 fu invitato dal filantropo Andrew Carnegie a tenere una serie di conferenze pubbliche, The Urania Lectures. Una sorta di spettacolo itinerante con tanto di proiezioni cinematografiche ed effetti speciali che girò per gli interi Stati Uniti per due anni, era un modo di avvicinare l’uomo della strada alle meraviglie della Scienza in un tempo in cui non esistevano né radio né televisione. In seguito, Serviss continuò ad essere un presentatore e scrittore molto popolare, con i suoi articoli e conferenze su vari argomenti scientifici destinati al grande pubblico.

Per farla breve, Garrett P. Serviss era un divulgatore scientifico, un Piero Angela dei suoi tempi, che portava le scoperte scientifiche fuori da osservatori e laboratori e in mezzo alla gente perché potesse sentirle più vicine alla realtà di tutti i giorni.

Nel 1897, contemporaneamente all’uscita ufficiale di The War of the Worlds su Cosmopolitan due quotidiani americani, il New York Evening Journal e il Boston Postpubblicarono una versione riveduta e semplificata del romanzo, cambiandone l’ambientazione dai dintorni di Londra a quelli rispettivamente di New York e di Boston (ai tempi le leggi sui diritti d’autore erano ben diverse da oggi).

La storia colpì Serviss che ne intuì il potenziale per scrivere una storia che potesse coinvolgere il pubblico e interessarlo alle nuove, futuribili, potenzialità delle scienze.

Il risultato fu Edison’s Conquest of Mars.

Avete letto bene, Edison come in Thomas Alva Edison, il poliedrico inventore di lampadine e fonografi, nell’immaginario collettivo eterno avversario di Nikola Tesla. Nel mondo post-invasione di Serviss l’Umanità vive nel terrore del ritorno dei Marziani, annientati dai microrganismi terrestri contro i quali non avevano immunità. Di fronte alla minaccia cosa può fare la nazione americana salvo intraprendere quella che in seguito sarebbe stata una  costante della politica statunitense, ovvero un’operazione di rappresaglia? Contro i mechamarziani le loro superarmi, Serviss schiera le invenzioni (fittizie ma spiegate con novizia di particolari) del suo Edison letterario: un’arma a raggi disintegratori (antesignana dei blaster e dei phaser di molti decenni dopo) e un raggio repulsore (come solo Tony “Iron Man” Stark avrebbe realizzato decenni dopo) in grado di muovere una nave spaziale (alla fine dell’Ottocento la propulsione a reazione, sebbene già dimostrata, non era ancora presa in considerazione come mezzo per i viaggi nello spazio e gli scrittori le preferivano i supercannoni come il Columbiad di Verne o materiali esotici come la “Cavorite” di Wells).

Le nazioni di tutto il mondo si coalizzano per sostenere la spedizione punitiva, dall’Impero Austro-Ungarico al sultanato di Zanzibar, in un immenso sforzo rappresentato in un’ottica curiosa per le sensibilità del periodo: i capi-tribù delle isole Fiji siedono fianco a fianco con i monarchi europei, ed il re del Siam (oggi Thailandia) dà elegante dimostrazione di regalità al kaiser Guglielmo I. Entro pochi mesi, una flotta di astronavi (chiamati “vagoni” nella storia) è pronta al lancio e la prima meta è la Luna, dove vengono scoperte tracce di antichi e mostruosi abitanti. Dopo i primi timidi tentativi, la flotta si dirige verso Marte e durante il viaggio Serviss ci intrattiene con descrizioni delle tute spaziali indossate dagli intrepidi soldati terrestri e dello spettacolo delle astronavi illuminate dal sole nel vuoto, con zone di luce ed ombre demarcate nettamente (quali avremmo potuto vedere solo tanto tempo dopo, con le missioni Apollo).

Giunti nelle vicinanze di Marte, i Terrestri ingaggiano per la prima volta i Marziani in battaglia, raggi termici contro raggi disintegratori. Questa è, letteralmente parlando, la prima battaglia spaziale nella storia. Serviss aveva ben presente la natura tridimensionale dello spazio, e nelle sue descrizioni di furiosi combattimenti a colpi di armi a raggi la tiene ben presente, come del resto le descrizioni dei mondi con i quali i Terrestri si t. rovano ad affrontare, compatibilmente con le conoscenze scientifiche di allora.

Nella descrizione dei Marziani abbiamo un primo esempio di retconning (correzione a posteriori): mentre i Marziani di H.G. Wells sono creature non-umanoidi di aspetto simile a piovre, quelli di Serviss sono umanoidi alti 5 metri e di aspetto mostruoso. I Marziani, infatti, non vengono educati come gli umani ma diverse aree del loro cervello vengono stimolate in modo da rendere ogni forma di apprendimento inutile. Questo concetto basato sulla frenologia, già in declino ai tempi di Serviss ma brevemente riportata in auge dalle teorie di Cesare Lombroso, è uno dei tanti esempi di Zeerust (concetto futuribile irrimediabilmente datato) che costellano l’opera di Serviss (come del resto quella di Wells e di Verne). Interessante notare come mentre i Marziani maschi risultino sgradevoli alla vista a causa del potenziamento cerebrale, le donne marziane siano invece molto belle ed aggraziate oltre che intelligenti e ragionevoli. Sfortunatamente non hanno alcuna voce nel governo del loro pianeta.

Giunti con eroica determinazione sulla superficie di Marte i nostri impavidi astronauti si trovano di fronte ad un’incredibile scoperta: i Marziani hanno visitato la Terra ben prima della recente invasione, giungendo nell’antico Egitto dove hanno edificato le Piramidi, costruito la Sfinge a immagine del loro tiranno, e portato umani del periodo su Marte per usarli come schiavi. Se la cosa vi sembra familiare, non preoccupatevi troppo perché è parte della trama del film Stargate di Ronald Emmerich e della ben più riuscita serie TV Stargate SG-1.

Inferiori di numero e con mezzi assai ridotti (i numerosi scontri con i Marziani hanno ridotto di molto gli effettivi della spedizione) i Terrestri individuano il punto debole del nemico: Marte è nel mezzo di una terribile crisi ecologica, le risorse sono scarse e per questo i suoi abitanti le cercano altrove. Tra queste risorse c’è l’acqua, concentrata in immense cisterne. Alla fine è proprio l’acqua, liberata a colpi di raggi disintegratori, a causare la caduta di Marte in un’immensa inondazione le cui conseguenze costringono i Marziani a trattare. Ma alla fine sarà un gesto di impulsiva galanteria da parte del colonnello Alonzo Jefferson Smith a porre fine alla guerra: avendo visto il tiranno, ritenuto dai suoi sudditi una sorta di divinità immortale, colpire brutalmente una donna marziana egli lo vaporizza all’istante con un cannone disintegratore.

Ottenuta la Pax Terrica a colpi di pistole a raggi, i nostri eroi tornano a casa dove sono accolti in trionfo, insieme ai discendenti degli umani rapiti dai Marziani millenni prima.

L’opera di Garrett P. Serviss è caduta in relativa oscurità a differenza del romanzo di Wells che l’ha ispirata. Tuttavia, merita di essere riscoperta e non solo come curiosità storica. Il fatto che Serviss usi persone realmente esistite e in vita al momento della sua pubblicazione è assai curioso, in un mondo come quello moderno tanto sensibile all’uso dell’immagine. C’è da domandarsi come il pacifista Thomas Edison si sia sentito ad essere descritto come un realizzatore ed entusiasta utilizzatore di armi a raggi, o come William Thompson, Lord Kelvin, abbia accolto la scena nella quale, indossando una tuta spaziale, si produce in balzi altissimi allo scopo di dimostrare la bassa gravità degli asteroidi. Per quanto riguarda i personaggi della politica del tempo, si nota l’antipatia per il KaiserGuglielmo I confrontata con l’ammirazione per la regina Vittoria e per le monarchie asiatiche.

Leggere l’epopea di Serviss oggi è un esercizio particolare: la prosa è tutt’altro che fluida, alcuni archetipi sono decisamente superati, ogni capitolo si conclude in un cliffhanger, una situazione da cui i nostri eroi dovranno uscire nel prossimo episodio, un espediente quasi inevitabile in un’opera che doveva per forza costringere il lettore a leggere il prossimo episodio. In questo Serviss anticipa i serial Republic e i suoi finali di episodio al cardiopalma che avrebbero ispirato un giorno Steven Spielberg e George Lucas per le gesta di Indiana Jones.

Sarebbe errato cercare una lettura troppo cosmopolita nell’opera di Serviss, che è comunque figlia del suo tempo: la “razza anglosassone” rimane comunque al comando, ma sopra ogni cosa resta la fiducia incrollabile nelle possibilità della Scienza e dell’ingegno e coraggio umano. Dove Wells vede tra Marziani e Terrestri uno scontro non diverso da quello tra uomini e formiche, Serviss riconosce al genio umano la capacità di elevarsi e di superare un nemico formidabile e spietato. Dove Wells ha creduto fino alla fine nel socialismo, Serviss crede nello spirito americano, nella frontiera, nel machismo non tossico ma eroico e galante. Ma soprattutto mentre Wells ci ha dato i capisaldi della fantascienza contemporanea, Serviss ha creato la Space Opera: le astronavi da guerra, le armi a raggi, le battaglie spaziali, le culture aliene, un Sistema Solare risplendente di vita e civiltà da scoprire e da conoscere, decenni prima di Edmond Hamilton con Captain Future, di Leigh Brackett con la sua saga di Eric “N’Chaka” John Stark, di Asimov con David “Lucky” Starr e di Robert A. Heinlein con Space Cadet, antesignano di Star Trek. Anche H.P. Lovecraft citò il suo lavoro nel campo dell’astronomia in Beyond the Wall of Sleep.

L’opera di Serviss servì da ispirazione anche al di fuori del mondo della letteratura, accendendo l’interesse per l’esplorazione spaziale in un giovano Robert H. Goddard, futuro pioniere della missilistica.

Oggi Edison’s Conquest of Mars è dimenticato dai più, eppure ha aperto la pista per Buck Rogers, Flash Gordon e per le loro vicende ambientata su pianeti esotici ricchi di creature aliene, pericoli, romanticismo e grandi avventure.

Garrett P. Serviss scrisse altri cinque romanzi di fantascienza, l’ultimo dei quali The Moon Maiden, nel 1915. Morì nel 1929, ma la sua eredità rimane con noi. Dovunque tu sia, Garett… Che la Forza sia con te!