Sangue in Messico, a Ciudad Juarez, dove un assalto alla prigione della città ha causato 14 morti tra cui 10 agenti di polizia. Il penitenziario porta il nome Cereso 3 ed era già tristemente famoso per una serie di stragi e spargimenti di sangue. Nel 2016 fu anche oggetto di visita di Papa Francesco. Fortemente sovraffollata, la struttura ospita circa 3700 persone, nonostante sia stata progettata per accogliere 700 detenuti. 

L’azione sembra essere stata coordinata apposta per distrarre e mettere in difficoltà le guardie in modo da consentire a diversi prigionieri di evadere. Il gruppo armato di sicari ha assaltato il carcere alle 7 del mattino del primo gennaio e la sparatoria durò per ben 5 ore seminando il panico tra la popolazione e gli agenti. Non è ancora chiaro chi siano i responsabili ma le versioni che circolano sono numerose. Secondo alcuni si tratta della gang Los Mexicles che avrebbero orchestrato il tutto per riuscire a liberare il loro capo Ernesto Alfredo Pinon de la Cruz che sta scontando una pena di 200 anni di reclusione per le efferatezze compiute. Assieme a lui è evaso anche il complice Cesar Munoz. Se davvero il piano è stato messo in atto dai Los Mexicles, si è trattato di una pianificazione scrupolosa e a lungo termine. Infatti già nei mesi scorsi la gang aveva causato diversi problemi allo scopo di impedire che il loro capo venisse trasferito in una prigione federale, dove l’evasione non sarebbe più stata un’opzione. 

Oltre ai due già menzionati, altri 22 detenuti sono riusciti a fuggire da Cereso 3, quattro di loro sono stati catturati mentre gli altri sono attualmente ricercati in tutto il paese. 

Il penitenziario di Ciudad Juarez è già stato teatro di una sanguinosa rivolta che provocato 20 morti nel 2009. La città in sé è inoltre estremamente violenta, con uno dei tassi di omicidi più alti al mondo, circa 85 ogni 100mila abitanti.