Roberto Antonini dalla «Regione» deplora che il Partito Socialista abbia richiesto al Partito Comunista un’alleanza per le elezioni federali nonostante le profonde divergenze sul tema Ucraina ed altro. Le sue considerazioni mi hanno indotto a qualche riflessione sul quadro della sinistra ticinese.

Non preoccupano tanto le divisioni ed i contrasti che sono nel DNA della sinistra. Lenin e Trotskij, gli «spartachisti» di Rosa Luxembourg contro i deputati socialisti germanici, la Terza Internazionale (il Comintern) contro la Seconda Internazionale. In Italia Turati contro Mussolini (a quel tempo esponente del Partito Socialista). Più tardi Nenni e Saragat. Ma anche in Ticino Canevascini e Martinelli, che con passione e carisma sconfigge i pallidi successori del grande capo del socialismo democratico, diventando con intelligenza un consigliere di Stato apprezzato per competenza ed equilibrio istituzionale. Un successore al livello di Martinelli non è stato trovato ed il Partito anche per beghe interne ha perso incisività e voti.

Ed eccoci alla lista del PS per l’elezione al Consiglio di Stato. Alla signora Carobbio (forse consenziente) abilitata per competenza ed esperienza alla carica di consigliere di Stato è stata inflitta l’umiliazione di venir designata in modo partitocratico. Avrebbe senz’altro vinto con il voto in un aperto confronto democratico. Oltre a ciò con un compagno di lista ignoto, con l’ipocrisia del «largo ai giovani» finito ultimo sulla lista con poco più della metà dei voti dell’eletta.

Largo ai giovani, a 28 anni sono stato eletto consigliere di Stato ma su una lista di aperta competizione. Qualche tempo dopo gli anziani, per mia fortuna, mi hanno mandato a casa. Ma questa è un’altra storia.

Ciò premesso, comprensibile e coerente è la mancata candidatura di Amalia Mirante, che rispetto al PS odierno è una deviazionista socialdemocratica. Le è andata ancora bene, a suo tempo il destino dei deviazionisti nelle note Repubbliche comuniste popolari era ben peggiore.

Mirante è una socialdemocratica mentre il PS è oggi un partito progressista. La insanabile divergenza sta nel fatto che, mentre i socialdemocratici non mettono in discussione l’attuale struttura istituzionale, nell’ambito della quale si battono per aumentare la loro influenza e migliorare le condizioni delle classi popolari che rappresentano, i progressisti si battono per ciò che ha teorizzato la «democrazia radicale», vale a dire per il sovvertimento della società attuale. 

Gli elettori delle frange operaistiche di un tempo sono stati sostituiti da un ceto medio più intellettualizzato costituito da funzionari pubblici, operatori nella comunicazione, professionisti, docenti, operatori sociali e del sanitario. Sono uniti e divisi tra loro da una serie di istanze che vanno dal clima all’apertura nei comportamenti sessuali, ad estremismi femministici, a nuovi concettisulla famiglia, al rinnegamento della cultura occidentale e altro ancora, ma con il collante dell’antiautoritarismo.

Vogliono un’altra società. Purtroppo queste istanze vengono talvolta accompagnate da manifestazioni non prive di violenza e di ostracismi verso chi vorrebbe esprimere pareri diversi. Mirante non ha il vento in favore. Mélenchon, alla testa di una serie di sigle progressiste, ha 75 seggi nel Parlamento francese, i socialisti di un tempo. In Italia il partito socialista non esiste più. Vi è il PD nato dall’unione dei comunisti orfani di Mosca con i cattolici di sinistra della Democrazia Cristiana. Oggi è diretto dalla signora Schlein, figura esemplarmente rappresentativa di atteggiamenti di movimenti nutriti dalla cultura dei social, da richieste tendenti allo sfascio inconsiderato.

Ma tutto ciò non deve farci dimenticare quanto ha caratterizzato le recenti elezioni cantonali: il successo di Boas Erez. I voti da lui raccolti hanno fatto di lui il subentrante (senza molte speranze in considerazione del noto attaccamento della famiglia Carobbio a posti partitici e politici) nella lista rosso-verde. Ipoteticamente potremmo avere un consigliere di Stato che non rappresenta nessun partito.

Boas Erez è l’espressione moderna di un certo progressismo, non è condizionato da un passato politico, non aderisce all’ideologia di alcun partito, i suoi contatti con liberali, verdi vari, socialisti prima delle elezioni non sono un’espressione di qualunquismo ma del desiderio di individuare quale formazione avrebbe meglio potuto permettergli di esprimersi e veicolare il suo progressismo. È un matematico di alto livello a suo agio con i calcoli di probabilità e la teoria dei giochi.

Se sarà in lizza per le elezioni federali sono, non cambia niente. Il progressismo più avanzato spesso non è interessato a lasciarsi condizionare dal parlamentarismo, dai riti democratici che riconducono poi sempre ai Partiti e loro strutture.

Si esprime in tanti movimenti che cercano di influire sulla società civile sovvertendola, talvolta con espressioni della vita democratica, molto con la protesta urlata con voce tanto più alta quanto più piccolo è il gruppo, e purtroppo pure con la violenza piccola e grande.

A questa indubbia ondata di progressismo, che ha già ottenuto non pochi successi e modificato la nostra società, con quale vigore risponderanno le forze politiche tradizionali e concorrenti? Permettetemi di non rispondere.