2017

Wang Bing. Immagino che sia il discorso globale di questo regista che si vuole premiare e incitare. Il suo modo di narrare il quotidiano vero, non quello politico o virtuale o creato dalla “ggente”. La Cina con il suo pseudo-liberismo dove la libertà e i diritti umani sono sempre e ancora calpestati, inducono persone sensibili, intellettuali, intelligenti, alla creatività, alla voglia di fantasticare, di avere visioni, di sognare. Per poter vivere la propria libertà, la propria vita interiore, castrata dallo Stato.

Per una Cina dove la propaganda della politica dà immagini di gente felice e beata e che non contesta, vedere queste immagini di gente comune, normale, con il proprio quotidiano le loro problematiche che lo stato non vuole nè vedere nè condividere, la filmografia di Wang Bing è un manifesto di libertà, di contestazione, di desiderio di realtà oggettive e non imposte da una visione politica rigida. Infatti, come mi ha detto, in Cina il suo film sarà visionato solamente da pochi intimi. Addirittura, la sua produttrice, con aria spaventata, mi ha detto che è assolutamente proibito distribuire i film di questo regista, apparentemente nel mirino dei servizi cinesi. E per noi, europei, questo sembra ridicolo e, ad una visione superficiale, il film documentario, pochissima sceneggiatura, molto vissuto reale, darrebbe l’impressione di una produzione semplice, una semplice testimonianza di vita e di agonia. Ma, invece, come ha fatto con me e senz’altro alla giuria, dà una visione spettacolare e profondamente empatica ed emotiva. L’ho molto amato e mi ha commosso fino alle lacrime. Quei discorsi intorno al letto della donna in coma, sono universali. E, sembrerebbe strano, visto che, in teoria apparterrebbero ad una cultura, ad una politica “dittatoriale” che, vista da qui, dovrebbe essere “altra”.

Quotidiani diversi per culture diverse, immagina il nostro popolo ticinese. E invece no. Ci sentiamo tutti accomunati da identiche emozioni e persino parole e gesti. Bianchi, neri, gialli, arabi, europei, americani, indiani, australiani… L’umanità è una. E questo film ne è una bellissima dimostrazione.

Desio Rivera