Sono profondamente indignato ed esterrefatto. Capisco che alla luce
delle misere sanzioni monetarie previste dalla legge federale sui
diritti politici alcune candidate ed alcuni candidati possano valutare
che convenga raggirare il volere popolare in merito alla dovuta
trasparenza del finanziamento della politica. Tuttavia, reputo
estremamente indecente ritenere che i cittadini possano essere portati a
credere che il costo di promuovere la propria faccia in tutto il
Cantone, da Airolo a Chiasso, sia inferiore a 50’000 franchi.

Per la prima volta a livello federale le elezioni del Parlamento saranno
soggette ad una presunta maggiore trasparenza riguardo al finanziamento
e al costo delle campagne elettorali. Ne risulta che con l’entrata in
vigore dell’iniziativa popolare “Per più trasparenza nel finanziamento
della politica” gli aspiranti parlamentari hanno l’obbligo di rendere
pubblico il finanziamento della campagna in virtù di una candidatura al
Consiglio Nazionale qualora si impieghi un ammontare superiore a 50’000
franchi. La medesima soglia si applica per il Consiglio degli Stati,
tuttavia, solo i candidati eletti saranno obbligati a comunicare il
conto finale.

Stando a quanto riportato dal sito del Controllo federale delle finanze
– organo preposto per il controllo –, si evince che soltanto tre
candidati ticinesi hanno dichiarato preventivamente un investimento che
supera la soglia di 50’000 franchi. Nello specifico Alex Farinelli
(75’000 franchi), Fabio Regazzi (70’000 franchi) e Paolo Morel (62’500
franchi). A questi si aggiunge una quarta candidata che pur non
superando la soglia preposta ha volontariamente comunicato il costo
della sua campagna; Giovanna Viscardi con una spesa di 40’000 franchi.
In assenza delle dichiarazioni preventive da parte degli altri 252
candidati al Consiglio Nazionale, è ragionevole presumere che questi
abbiano pianificato spese inferiori alla soglia prevista dalla legge.

Senza entrare nei dettagli di spesa riguardo all’ideazione e alla
realizzazione del materiale pubblicitario elettorale, quali volantini,
gadget, siti web e altri aspetti come la formazione comunicativa, la
gestione delle piattaforme social, l’invio di corrispondenza postale e
l’affitto di spazi, le cifre comunicate suscitano stupore. Limitandosi
all’esamina delle affissioni e degli acquisti di spazi pubblicitari nei
media cartacei e digitali risulta innegabile che siamo di fronte a
significative e onerose campagne pubblicitarie ad personam. In base alla
mia osservazione diretta del territorio, dei giornali, delle riviste e
dei portali d’informazione ritengo che tra i contendenti per il
Consiglio Nazionale che hanno adottato formidabili strategie
comunicative si distinguano, in ordine di apparizione sulla scheda di
voto: Lorenzo Quadri, Natalia Ferrara, Alessandra Gianella, Simone
Gianini, Paolo Morel, Giorgio Fonio, e Piero Marchesi. Invece, per
quanto concerne i candidati al Consiglio degli Stati: Fabio Regazzi,
Marco Chiesa, Alex Farinelli, e Bruno Storni.

Dato che la maggior parte dei candidati sopra menzionati non compare
preventivamente nell’elenco del Controllo federale delle finanze, e che
i pochi che compaiono sembrano aver contabilizzato spese alquanto
contenute, mi domando come sia possibile che queste candidate e questi
candidati non si aspettassero di superare la soglia di 50’000 franchi.
Per lo più, non è una novità che la stragrande maggioranza degli spazi
pubblicitari offerti sia dagli addetti alle affissioni sia dai media
cartacei e digitali richieda prenotazioni con diversi mesi di anticipo.
Se a questo si aggiungono le spese per gli aperitivi nonché tutti gli
aiuti monetari e non monetari a prezzo di mercato per la conduzione
della campagna – come previsto dall’ordinanza sulla trasparenza del
finanziamento politico – risulta più che ragionevole che un contendente
al Consiglio Nazionale possa aspettarsi una spesa di 100’000 franchi se
non addirittura di 150’000 franchi.

Non penso si debba necessariamente indignarsi per il fatto che una
candidata o un candidato ritenga di dover investire diverse centinaia di
migliaia di franchi per promuovere la propria immagine, piuttosto, mi
domando quante elettrici e quanti elettori voterebbero alcuni candidati
qualora si scoprisse che questi sono sostenuti da determinate lobby, per
esempio, Santésuisse e Curafutura (lobby delle casse malattia). Proprio
per questa ragione ritengo estremamente rilevante quanto sollecitato
dall’iniziativa popolare sulla trasparenza del finanziamento della
politica.

Nel rispetto del principio di trasparenza nei confronti della
cittadinanza auspico che qualora vi fossero stati degli errori di
calcolo nei preventivi delle campagne elettorali di diversi candidati al
Consiglio Nazionale questi errori vengano corretti, come previsto dalla
legge, per mezzo dei consuntivi sulle reali spese affrontate.
Ovviamente, anche se la legge che vige per i candidati al Consiglio
Nazionale non è vincolante per i candidati al Consiglio degli Stati,
niente impedisce a questi ultimi di fare altrettanto per dimostrare
un’adeguata trasparenza.

In caso contrario, non ci si potrà lamentare della diffidenza che la
cittadinanza mostra nei confronti dei candidati, visto che questi ultimi
in un modo o nell’altro cercano di eludere lo spirito di una norma che
aveva l’intento di riavvicinare la vita politica ai cittadini.

Simone Conti, candidato No. 4 al Consiglio degli Stati per