Alcune necessarie premesse per affrontare i fatti coreani
Un articolo… molto diverso da tutto ciò che siete abituati a leggere! Davide Rossi è un opinionista alternativo? Assolutamente sì. Vale la pena di leggerlo? Tocca a voi dirlo.
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La Repubblica Democratica Popolare di Corea è un paese normale, un normale paese socialista di modello sovietico che, nei dati delle Nazioni Unite relativi all’ISU, Indice di Sviluppo Umano, è tra le prime al mondo, con risultati anche migliori di molti paesi europei, Italia, Francia e Germania compresi, per quanto concerne il diritto all’istruzione, alla salute, alla cultura. La Corea Popolare garantisce casa, lavoro, assistenza nella vecchiaia a tutti i suoi cittadini.
I miei viaggi in Corea e la collaborazione culturale da me realizzata a nome dell’ISPEC, l’Istituto di Storia e Filosofia del Pensiero Contemporaneo della Svizzera Italiana, con le istituzioni culturali coreane confermano del tutto la realtà di un paese sereno e laborioso, chiaramente indirizzato ideologicamente.
In Corea non sta succedendo nulla e non succederà nulla, il popolo coreano e il suo governo stanno semplicemente ribadendo la loro autonomia e indipendenza e nel farlo manifestano una disponibilità strategica difensiva considerevole. Ciò a cui aspira il governo coreano è la possibilità di trattare, come l’Iran, direttamente con gli Stati Uniti, senza la mediazione di Cina e Russia e senza la presenza di Giappone e Sudcorea. È difficile che questo si realizzi e forse il tavolo “cinque più uno”, che comprende tutte queste nazioni è maggiormente auspicabile, tuttavia l’attuale tensione internazionale è soltanto il risultato di questa ricerca di dialogo diretto, tutte le parti lo sanno e infatti nessuno paventa il rischio di uno scontro armato.
Il terrore mediatico e l’odio anticoreano sono scatenati da un lato per screditare una nazione – la Corea Popolare – che rifiuta il capitalismo-consumismo e i suoi apparati repressivi e coercitivi, Banca Mondiale, Fondo Monetario Internazionale (sull’argomento si ricordi sempre che Juan Domingo Peron è stato cacciato dalla presidenza argentina per aver impedito l’ingresso del FMI nel suo paese, FMI che dopo la sua caduta ha indebitato l’Argentina fino ai nostri giorni), Organizzazione Mondiale del Commercio, dall’altro per occultare la guerra mondiale che è in corso, economica, commerciale e militare, attraverso cui l’apparato multinazionale occidentale, quello che rapina nel Sud del mondo le materie prime energetiche e alimentari e produce oggetti socialmente inutili alimentando il desiderio di possesso del miliardo di cittadini occidentali, piega ai suoi interessi la presidenza statunitense e tramite questa utilizza la NATO, come agente di polizia internazionale del capitalismo. Il nemico contro cui è combattuta questa guerra sono tutti i popoli che aspirano alla pace e alla convivenza e in particolare le nazioni, come la Repubblica Popolare di Cina, guarda caso una nazione socialista di orientamento marxista in cui non esistono la Confindustria e le lobby che impediscono, solo per fare un esempio, di passare alle automobili elettriche, la Russia, l’Iran e il Venezuela che promuovono un mondo multipolare. Guarda caso quattro nazioni che godono anch’esse di una costante falsificazione e un permanente attacco mediatico.
Gli scenari di questa guerra mondiale in corso sono molti, il Congo orientale, in cui mercenari pagati dalle multinazionali organizzano una presunta guerra etnica soltanto per rubare il coltan che serve per le batterie dei nostri cellulari, la diffusione dell’integralismo religioso e della sua deriva militare, dall’Africa sub-sahariana al Medioriente, si pensi alla Siria e all’Iraq, ma anche allo Yemen, le permanenti pressioni sull’Unione Europea perché accetti di asservirsi agli interessi del separatismo etnico, una efficace arma del capitalismo multinazionale in tutto il pianeta, dal Sudan alla Cina, dalla Turchia al martoriato Iraq, per non dire dei colpi di stato pseudo – legali, si pensi al Brasile, a quelli armati e non riusciti, come in Venezuela, fino a quelli realizzati con il contributo dell’estremismo neofascista, come in Ucraina.
Senza queste tre necessarie premesse è inutile discutere di Corea Popolare, ci si troverebbe ripiegati a confrontarsi solo sulle falsificazioni mediatiche che con straordinario zelo ogni giorno ci sono propinate dal sistema informativo, chiamato sempre di più ad assolvere, con coerenza, al compito di partecipe strumento della guerra in corso.
Nella foto Davide Rossi insieme a Kim Ki Nam, vicepresidente del Partito del Lavoro di Corea.